Cronaca

Furti per 10 milioni di euro in magazzino di logistica Il video dei carabinieri

Trentasette misure cautelari di cui 14 custodie in carcere, 11 arresti domiciliari, gli altri con obbligo di firma e 97 indagati complessivi sono stati eseguiti oggi dai carabinieri di Fiorenzuola d’Arda nell’ambito dell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Matteo Centini della procura di Piacenza per i furti avvenuti sul piacentino in magazzini di logistica dal 2017 ad oggi, per un valore di circa 10 milioni di euro.

I dettagli sono stati illustrati questa mattina presso la procura piacentina.

Tra i denunciati anche alcuni soggetti cremonesi, coinvolti a vario  titolo. I capi di accusa vanno dall’associazione a delinquere finalizzata ai furti, al peculato, riciclaggio, appropriazione indebita e ricettazione della merce. Coinvolti magazzinieri, facchini, capi turno, camionisti e anche un paio di addetti alla sicurezza.

Nel mirino dell’organizzazione criminale era finito il magazzino Sda di Monticelli la cui gestione era stata appaltata a Elpe Global Logistic spa, con sede legale a Torino. A fine 2016 scatta il primo allarme: la Sda si accorge degli enormi ammanchi. Parte l’indagine, prima con l’arresto di alcuni soggetti per i singoli furti poi i carabinieri si rendono conto di trovarsi di fronte a una vera e propria organizzazione criminale composta da una fazione siciliana e l’altra calabrese.
Gli arrestati sono in gran parte cittadini italiani, dipendenti della cooperativa Elpe. Due in particolare i soggetti che organizzavano e pianificavano il lavoro, individuando le merci oggetto di successiva sottrazione, l’accantonamento all’interno dello stabilimento e la successiva uscita. Contattavano alcuni camionisti compiacenti, che si prestavano a trasportare la merce rubata, si occupavano di piazzare la refurtiva sul mercato nero fissando i prezzi e trattava con i ricettatori.
Migliaia i prodotti sottratti dallo stabilimento di Monticelli. Da prodotti alimentari di pregio a computer, cellulari, tablet, televisori, gioielli e capi di abbigliamento firmati. La merce veniva accantonata in un sito di stoccaggio poi, con la compiacenza di autisti e di due vigilanti privati, il materiale veniva trasportato fuori dal polo logistico per essere poi parcheggiato in alcuni luoghi e ceduto a terzi successivamente, con ingenti guadagni. Un’organizzazione con struttura verticistica con un siciliano a capo che aveva coinvolto anche tutta la sua famiglia, compresa la moglie che si occupava della filiera e dei pagamenti.
Nell’edificio di Monticelli pare che mancasse un sistema di videosorveglianza. Le intercettazioni hanno fatto emergere anche una rete di ordinazioni al telefono da parte dei titolari di negozi di città e provincia.

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