Cronaca

Bloccato nelle Filippine da marzo: l'Odissea di un cremonese

Da oltre due mesi bloccato nelle Filippine e non riesce a tornare alla sua casa, a Sidney: è la storia di Ivan Costantino, chef 27enne di Pizzighettone, che da circa un anno e mezzo si è trasferito in Australia, dove ha iniziato a lavorare come Sous Chef in un ristorante italiano. A inizio marzo il giovane, dopo 14 mesi di lavoro ininterrotti, aveva pensato bene di regalarsi un viaggio, già prenotato da mesi, nelle Filippine (originariamente il viaggio doveva comprendere anche il Vietnam, che nel frattempo però aveva chiuso i confini agli italiani).

“I primi giorni a Palawan sembravano normalissimi: abbiamo iniziato a goderci la nostra vacanza, con un clima tropicale, spiagge paradisiache e paesaggi mozzafiato”. Ma le cose non erano destinate a filare lisce: dopo soli 4 giorni, infatti, aveva iniziato a circolare la voce che Palawan stava chiudendo tutti gli aeroporti, in entrata e uscita. “Appurata la veridicità della notizia, abbiamo appreso che l’ultimo volo era la mattina del giorno successivo, da un aeroporto a 2 ore di distanza. Non potevamo acquistare il biglietto online, per cui ci siamo recati direttamente sul posto, già armati di bagagli. I biglietti erano però terminati e non siamo riusciti a partire”.

I due italiani si sono quindi trovati bloccati a Palawan, solo con uno zaino. Tornarono nel villaggio di Port Barton, dove alloggiavano. “Qui facemmo amicizia con tutti i turisti rimasti bloccati, organizzando tour in barca, andando in spiaggia e passando così il tempo. A quel punto però la storia aveva subito una nuova evoluzione: un sospetto caso di Covid nell’isola aveva indotto il Governo a chiudere tutto, non essendoci a Palawan un sistema sanitario abbastanza forte.

“Poco a poco tutta l’isola si ritrovò in quarantena, la spiaggia diventò off limit, potevamo uscire solo per mangiare o fare la spesa e dopo qualche giorno neanche più per quello. Un volontario filippino andava a prenderci da mangiare e ce lo portava in hotel. Abbiamo passato 2 settimane in uno stato di prigionia. Come se non bastasse, nel mentre l’Australia ha deciso di chiudere le frontiere. Ci trovavamo così in un Paese straniero, senza la possibilità di tornare a casa. Mi sono sentito perso”.

Sebbene ora la quarantena dell’isola sia terminata, il cremonese è ancora bloccato nel villaggio: “Siamo liberi di andare in spiaggia e goderci il paradiso senza Covid19 dove ci siamo ritrovati, ma alle 8 c’è il coprifuoco e bisogna rientrare. Ma non siamo ancora stati fortunati: anche se tutto va male, abbiamo ancora la nostra salute. Non ci resta che aspettare che tutta questa situazione finisca e poter così tornare a Sydney”.

LaBos

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