Cronaca

Ha lavorato in prima linea contro il virus: in busta paga a marzo 72 euro di 'premio'

foto d'archivio

Poco più di 72 euro lordi come premio a un infermiere (ma si tratta solo di un esempio tra i tanti)  che nel mese di marzo ha affrontato in prima linea l’emergenza Covid nell’ospedale di Cremona. Un ‘premio’ che suona come un’offesa per chi nei giorni della piena emergenza è stato definito eroe, affrontando un nemico sconosciuto al quale nessuno li aveva preparati. Eppure, è questa la misura economica disposta dal governo nel decreto legge 17 marzo 2020: 100 euro lordi, per il mese di marzo, al personale dipendente di quei settori (e quindi non solo la sanità) che hanno lavorato in attività connesse all’emergenza epidemiologica legata al Covid19, commisurati ai giorni effettivamente lavorati e solo per chi non supera i 40.000 euro di reddito nell’anno precedente. Lo sfogo è di uno degli infermieri dell’ospedale, che ha postato sulla sua pagina Facebook la busta paga con l’importo del premio: “Questo mese ho preso 1.700 euro. E solo perché in questi mesi, per tenerci buoni, ci stanno pagando ore dello scorso anno. Come premio mi sono trovato in busta 72,73 euro lordi”. Tutto mentre “i nuovi assunti per l’emergenza prendono 30 euro l’ora. Certo, è giusto darglieli perché appunto assunti nell’emergenza, ma ricordiamo che sono persone appena laureate, da ammirare per quel che hanno fatto, ma che per noi erano un supporto. A noi infermieri professionisti da anni ,nessun riconoscimento. Andremo avanti a fare turni da 12 ore anche a maggio, senza che nessuno abbia chiesto il nostro parere. Non contiamo nulla”.

 

“Il problema è che le aziende pubbliche sono vincolate a determinati paletti nell’erogare i premi; attraverso le nostre rappresentanze regionali abbiamo chiesto il riconoscimento di quote economiche per chi, in un territorio come il nostro particolarmente colpito dal virus, ha lavorato fin dal primo giorno in prima linea, inizialmente anche in carenza dei dispositivi di protezione individuale”, spiega Roberto Dusi, segretario Funzione Pubblica Cisl Asse del Po.  Teniamo conto che il settore viene da otto anni di blocco degli stipendi e di passaggi di fascia, eppure solo adesso si sente dire ‘meno male che c’è la sanità pubblica’, e solo adesso si elogia il valore di queste persone che non prendono certo stipendi alti, sicuramente meno di operai specializzati e che però salvano vite umane.” Per quanto riguarda i turni, “abbiamo chiesto di tornare il prima possibile alla normalità, si rischia di lavorare stanchi e di essere ulteriormente esposti al virus”.

In un incontro svoltosi pochi giorni fa tra parti sociali e direzione dell’Asst Cremona, i sindacati hanno espresso preoccupazione anche per la fase 2 presso l’ospedale: “Adesso che l’ospedale ha iniziato ad accogliere anche pazienti affetti da altri problemi, diversi da Covid – continua Dusi – vanno garantite le stesse misure di sicurezza delle scorse settimane, ad esempio  facendo sia tampone che test sierologico, per evitare di ricadere nell’incubo di prima”.

Torna sulla questione economica anche Sabrina Negri, segretario Cgil Funzione Pubblica: abbiamo in corso una trattativa con Regione Lombardia, a cui abbiamo chiesto maggiori risorse economiche utili a riconoscere lo straordinario sforzo sostenuto dagli operatori sanitari, uno sforzo enorme e soprattutto nella nostra provincia. Oltretutto in un contesto in cui la sanità pubblica era stata fortemente impoverita negli anni precedenti, ma ciononostante ha lavorato egregiamente.  Come in tutti i  tipi di confronto con la Regione, anche questo implica difficoltà. Rivendichiamo anche che le risorse umane arruolate in questi mesi siano stabilizzate. Anche per quanto riguarda le premialità, c’è molto da fare: oggi per contratto solo ad alcune figure specifiche è riconosciuta l’indennità di rischio, ad esempio a chi lavora nei reparti di malattie infettive o nelle terapie intensive; e poi c’è il riconoscimento delle ore straordinarie: su questo i sindacati stanno lavorando nella contrattazione di secondo livello.

“Inoltre – continua Negri –  c’è tutta la questione collegata alla necessità di cambiare le politiche nei confronti della nostra provincia e in particolare delle nostre aziende ospedaliere: la Regione deve ricominciare ad investire nella sanità pubblica”. “Il Governo ha varato un contributo straordinario alla regione Lombardia, parecchie decine di milioni di euro: una giusta quantità di queste risorse vengano destinate alla sanità pubblica  di Cremona e provincia”.

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