Cronaca

Mina, quelle serate cremonesi alla ricerca di facce, cadenze e sapori della 'sua' Cremona

Sopra: 24 marzo 1994, Mina che esce dalla pasticceria Denti. Sotto: novembre 1995, Mina e il giornalista Daniele Parolini all’uscita dalla salumeria Saronni (Foto Giuseppe Muchetti)

Mina non se n’è mai andata da Cremona. Dalla sua gente, dalla sua città. Mina è qui. Sempre. Come non se n’è mai andato Ugo Tognazzi. Il Torrazzo ti avvolge, ti lega stretto, non ti lascia più. Come la nebbia, la nostra nebbia così fitta e bagnata, diversa da quella di Londra o di Milano. Il Torrazzo d’inverno è il tuo punto di riferimento con le sue pietre che salgono a bucare il cielo. D’estate ti dà sollievo con la sua ombra. E poi il Po, la nostra riviera d’estate, il nostro incubo quando si ingrossa o porta via qualche amico. E poi il dialetto,  quel cremonese che trascina le parole, quasi fossimo pigri  nel raccontare e che invece è davvero il nostro Dna che purtroppo si va perdendo per un italiano sempre più slang o per un inglese sicuramente indispensabile ma lontano anni luce dalla nostra cultura millenaria e  da un vocabolario dialettale dalle pagine infinite e con una ricchezza di vocaboli senza eguali. Mina il dialetto ce l’ha nel sangue, l’ha portato con sè. Sempre.

Memorabili i suoi duetti in cremonese con Ugo Tognazzi a Studiouno o quella “Strangers in the night” con Gino  Bramieri che traduceva la canzone in milanese e Mina in cremonese. Ogni tanto Mina chiama ancora qualche vecchio amico cremonese per rinfrescarselo. “Ciaaao, come si dice di uno che cammina come se fosse ubriaco, che non mi ricordo?”. La risposta pronta la fa felice:”cat, se diis ioon che va in dindulòon, belèesa”.

Quando dieci anni fa Oreste Perri venne eletto sindaco di Cremona, squillò il telefono dell’Ufficio di Gabinetto: “Ciao Oreste, sunti la Mina”. Voleva fare i complimenti alla sua maniera, in cremonese, al campione sportivo diventato primo cittadino della sua città.

I miei ricordi di ragazzino sono di un passaggio di Mina su una spyder bianca, forse una Mercedes, in Largo Boccaccino proprio dietro l’abside del Duomo, all’epoca non ancora isola pedonale: occhiali scuri, foulard e un colpo di clacson per mia sorella, sua compagna nell’ora di ginnastica a Ragioneria, istituto un tempo in via Gerolamo da Cremona dove c’è adesso la scuola media Vida. Poi il black out. Lontana dal palcoscenico dalla gente, dalla tivù, dai fans diventati milioni. Ma a Cremona Mina ha sempre cercato di tornare lo stesso. Qualche scappata, spesso di notte.

Da cronista l’ho inseguita per quarant’anni, Quando veniva in città le mete erano sempre le stesse: Da Saronni in corso Mazzini, il re della gastronomia cremonese. Ambrogio preparava per Mina il suo favoloso cotechino alla vaniglia e il salame cremonese, ma con poco aglio. Cambiano i tempi. Al posto della Salumeria Saronni adesso c’è un negozio di ottica. Altra tappa alla pasticceria Lanfranchi di via Solferino per i cannoncini alla crema e i biscotti al latte della nonna per la colazione. Altre volte la pasticceria era quella di Denti, sotto i portici di via Platina per quelle veneziane con granelli di zucchero dal sapore antico. Alla ricerca dei sapori perduti della sua giovinezza mancava ancora  una cosa: il gelato di Richetto. E non importa se non c’è più quel veneto diventato una istituzione della Cremona di una volta. Bisognava  andarci. Ed eccola arrivare ad agosto, mentre la città dorme.

Credo di averla incrociata e seguita quattro-cinque volte in giro per Cremona. Sempre le stesse mete. Due volte era con Daniele Parolini, suo primo boy friend conosciuto al bordo piscina della Canottieri Baldesio. Parolini era uno dei belli della Cremona degli anni Cinquanta: fisico asciutto, gran mano al tennis, intelligente, calciatore promettente della Cremonese. A distanza di tanti anni forse l’amico più caro che Mina aveva nella sua città. E quello più fedele. Giornalista del Corriere, Parolini – scomparso qualche anno fa – non ha mai fatto mistero della sua amicizia con Mina, ma non ha mai tradito la riservatezza della cantante.

Se li incontravi per strada era per puro caso, da Daniele mai una soffiata neppur al più giovane collega cremonese affamato di notizie. Lo sa bene il fotografo Giuseppe Muchetti che ha potuto rubare solo qualche immagine frettolosa di Mina in giro per la città del Torrazzo. Ma dopo quarant’anni da cronista sotto il Torrazzo non ho smesso d’inseguirti, cara Mina. Almeno per farti gli auguri. E chissà che oggi, giorno del tuo ottantesimo compleanno, il telefono di Cremonaoggi possa squillare e alzando la cornetta si possa sentire: “Ciao Mario, sunti la Mina!”.

(m.s.)

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