Cronaca

Al Museo gente anche in piedi per il maestro Zosi e lo straordinario "Sunrise" di Stradivari

I palpiti romantici di Beethoven e, ancor di più di Kreisler e Sarasate, oltre ad un fuori programma di Paganini, sono stati i protagonisti dell’ultimo matinèe al Museo. Per assistere al concerto di Edoardo Zosi e Maria Grazia Bellocchio, questa mattina, la Sala San Domenico era del tutto esaurita e a qualche appassionato non è rimasto che godere, in piedi, dello spettacolo. All’invito di Fondazione Stradivari e Comune, Cremonabooks e Ascom, non hanno risposto solo i cremonesi ma anche tanti stranieri, soprattutto giapponesi. E’ una buona notizia, che conferma la felicissima intuizione degli organizzatori. Le ragioni del successo sono ormai chiare: giovani virtuosi già affermatissimi, un programma frizzante dove il virtuosismo (tecnico ed interpretativo) è capace di coinvolgere il pubblico e uno strumento eccezionale.

Questa mattina, in particolare, Adoardo Zosi, già allievo di Sergej Krylov e di Salvatore Accardo, ha imbracciato il “Sunrise”, il più antico tra i capolavori intarsiati di Stradivari, probabilmente uno tra i violini più preziosi al mondo.

Il concerto è stato un vero successo, capace, come ha dichiarato nel suo saluto introduttivo il presidente della Fondazione Stradivari Paolo Bodini di “Rendere lieti in un tempo gli occhi e ‘l core e le orecchie”. Il programma ha affrontato pagine tra le più famose della letteratura per violino e pianoforte tra Otto e Novecento. Brani non solo di grande difficoltà tecnica ma che richiedono, anche, una straordinaria versatilità interpretativa, con cantabilità distesa che si alterna a momenti più concitati, dove il colore spazia dalla trasparenza distesa di Kreisler fino alle tinte più forti e rigorosissime di Beethoven.

Zosi e Bellocchio hanno confermato una tempra austera e curiosa, rigorosa nella tecnica ma generosa nel cuore e nel cervello, pur senza mai rinunciare ad una interpretazione raffinata ed elegante, con la freschezza legata al brio giovanile. Ne risulta un’esecuzione innervata ed impreziosita da quella genialità che permette ai virtuosi di sfoderare un insolito trasformismo interpretativo e offrire una esecuzione davvero emozionante.

In Beethoven, ad esempio, dove la composizione si caratterizza per un dialogo (a tratti serratissimo) dei due strumenti, dal quale poi i solisti prendono lo slancio per innalzarsi in virtuosismi, pur senza mai dimenticare l’ideale di unità, svolta nella declinazione di un’ariosa, opalina serenità.

Lo stesso clima romantico caratterizza anche i brani di Kreisler, nei quali le arditezze tecniche si coniugano felicemente ad abbandoni sentimentali, gioiosi o malinconici. Sono le cosiddette “tentazioni virtuosistiche”, melodie viennesi prive di rigore strutturale e di profondità di pensiero, ma pervase di freschezza ed eleganza, come Schon Rosmarin, Capriccio viennese, Liebesfreud, Liebesleid o La Gitana: vi si respira l’atmosfera musicale di Vienna ai primi del Novecento ed il clima effervescente della belle epoque. Zosi ne offre una lettura che si caratterizza per il giusto equilibrio tra licenze romantiche e rigore interpretativo. Traspare una interpretazione carica di sentimento e partecipazione, eppure ordinata, resa più sublime da una bellezza graziosa e mai eccessiva, guidata da consapevolezza e maturità, che riesce a toccare le corde del sentimento ed emozionare il pubblico. Diverso è il carattere del brano di Pablo de Sarasate che richiede un virtuosismo eclettico e baluginante. In Zigeunerweisen op. 20 si assapora appieno la linfa vitale del gusto e del divertimento impliciti in quel violinismo tardo ottocentesco, forse di maniera ma sempre molto gratificante per interprete ed accattivante per gli ascoltatori. Anche quando la scrittura si fa più fitta e impegnativa gli interpreti ne cavalcano ogni asperità con rigore tecnico apollineo, ma anche con uno slancio ardimentoso grazie al quale la chiara emergenza tematica si staglia con nitidezza sopra la fantasmagoria di note. Concluso il programma ufficiale (quasi a voler premiare un pubblico che ha voluto sfidare le asperità del clima per assistere al concerto) Zosi e Bellocchio hanno proposto il “Cantabile di Paganini”, anch’esso dominato da un carattere intimo e lirico, con un suono disteso ma carico di sentimento. Le audizioni al Museo tornano il prossimo 11 marzo con uno degli interpreti più attesi: il violoncellista Rocco Filippini che si esibirà con lo stradivari “Stauffer, ex Cristiani” del 1700.

 

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