Cronaca

Se i decreti Salvini tagliano brutalmente i percorsi di integrazione: un caso esemplare

Intervento di Alceste Ferrari

Bene: parliamo di persone, non di categorie. Non di immigrati genericamente, ma di quell’immigrato, quella persona. Forse così si comincia a capire.
La storia è quella di un ragazzo OGGI ventenne del Ghana, minore non accompagnato oggi maggiorenne e immigrato in attesa di regolarizzazione, a suo tempo inserito in un progetto SPRAR, alloggiato presso la Caritas di Cremona, frequentante, con impegno ma molta fatica, le scuole italiane, il CPIA per la precisione.
CPIA sta per Centro Per l’Istruzione agli Adulti: è una scuola pubblica, dello Stato, che porta gli adulti al conseguimento della licenza media e accompagna nei corsi serali delle superiori (le “serali” di una volta, quelle che tanti hanno fatto, anche mia sorella, e che ora hanno una definizione giuridica a sé: CPIA, appunto).
Bene. Questo ragazzo del Ghana frequenta lo scorso anno, con grande fatica ma senza perdere una lezione, i corsi al CPIA; a fine anno, gli insegnanti riconoscono il forte impegno, ma ritengono insufficiente la preparazione e la proprietà di linguaggio e, proprio per il bene del ragazzo, lo convogliano in un ulteriore percorso di formazione per quest’anno. Il corso chiamato Koiné è composto da stranieri con forte scolarizzazione nei luoghi di origine (molti i laureati al proprio parse): è un livello alto di confronto e integrazione e il ragazzo si inserisce attivamente.
Il corso prevede gli esami finali a febbraio.
Ora l’imprevisto: con i decreti Salvini. I percorsi SPRAR sono stati aboliti, i documenti in scadenza (mancando a questo punto una residenza) non vengono rinnovati automaticamente ma si rinvia a un processo tardo a risolversi.
Il ragazzo ghanese diventa un fantasma senza documenti e senza riferimenti, malgrado per la scuola sia uno studente modello.
Il Prefetto decide di collocarlo in un Centro Richiedenti Asilo, togliendolo dalla Caritas, locato in un paese nel Cremasco, isolato dai mezzi anche rispetto a Crema (dove ci sarebbe una sezione CPIA).
Se ne viene a salutare i professori, più umiliato che disperato: ad un passo dall’esame, dal risultato di un percorso di vera integrazione, tutto all’aria.
Dal posto dove sarà è impossibile frequentare qualsiasi corso, non vi sono i mezzi. E come farà l’esame?
Ora mi chiedo: signor Prefetto, col massimo rispetto per il ruolo che ricopre e per quello del magistrato che sicuramente ha seguito con lei il caso, possibile che non abbiate saputo tenere conto del percorso individuale, umano, di questa PERSONA, delle sue potenzialità per sé  per la nostra società?
Possibile che non abbiate considerato opportuno un confronto con la scuola per appurare il grado di inserimento e integrazione; per, almeno, concordare tempi e modi del trasferimento?
A me ricorda gli ordini di certi ufficiali in caserma, che facevano disfare un lavoro (magari pure ben fatto) per far fare qualcosa ai soldati di leva.
E, sinceramente, con tutto il rispetto, non mi sembra giusto.
Attenzione: non giusto per il Paese, per l’Italia che rappresenta, per il paese che siamo e che potremmo essere.
Ancor prima che per un volonteroso ragazzo ghanese.

 

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