Economia

Duro intervento di Bossi sui dazi in Senato contro Conte: 'Falso come il parmesan Usa'

Il senatore cremonese Simone Bossi è stato il protagonista della dura e appassionata replica del gruppo della Lega al presidente del Consiglio Conte, oggi nell’Aula del Senato, dopo l’informativa del presidente del Consiglio in vista del prossimo Consiglio europeo. L’esponente del Carroccio ha mostrato un pezzo di formaggio, mentre i colleghi di partito alzavano i cartelli con la scritta “falso”. La presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati ha sospeso la seduta.

Un intervento a difesa del lavoro degli agricoltori e dell’industria di trasformazione alimentare che vede la provincia di Cremona in testa alle classifiche dell’export e che mostra il forte attaccamento al territorio del senatore di San Bassano.

“Svegliarsi all’alba – ha attaccato Bossi –  seminare, lavorare e curare la terra: questa è l’arte di saper attendere. Diversamente la nostra terra non darà mai buoni frutti. Chiediamo al presidente Conte di andare in Europa a testa alta e difendere la sovranità agroalimentare del nostro Paese. La nostra è un’agricoltura di qualità e lo sarà per sempre. È sbagliato pensare che la nostra competitività si possa e debba basarsi sulla quantità. Sono infatti le nostre eccellenze che ci rendono unici nel mondo. Lo dimostra il fatto che i nostri prodotti sono quelli più contraffatti e che soltanto i nomi utilizzati per commercializzarli evocano la storia, la tradizione e la cultura del nostro Paese. L’agricoltura è un settore strategico che nell’ultimo anno ha visto, in controtendenza con una crisi generalizzata e diffusa, una crescita economica importante. Il nostro mangiare e il nostro bere sono il nostro orgoglio, sono la salute, la ricchezza e il lavoro del nostro Paese”.

A questo punto dell’intervento scatta la parte più personale: “Sono un giovane senatore di campagna, come amo definirmi, e così tanti miei colleghi: vengo da un paesino, San Bassano in provincia di Cremona, nella bella Pianura Padana, una piccola provincia che vive di agricoltura, dove quelli che lavorano sodo nei campi e nelle stalle li chiamiamo e li chiamo con grande rispetto agricoltori e, con amicizia, contadini. Non li chiamiamo come alcuni colleghi del presidente Conte – anche se colleghi è una parola impegnativa visto che Conte di voti non ne ha mai presi, non si è mai candidato e non è mai stato eletto da nessuno – che chiamano i nostri agricoltori, li ho sentiti con le mie orecchie in Commissione, ‘quelli delle mucche’. Ci vuole rispetto, signori, ci vuole rispetto e riconoscenza per chi ancora in questo Paese lavora. Non esistono lavoratori di serie A e lavoratori di serie B. Nel lavoro onesto risiede solo la dignità, la dignità, e bisogna ricordarselo”.

“Io vivo in una provincia dove i dazi americani sul grana o sul parmigiano metterebbero in ginocchio tutte le latterie e le nostre aziende agricole. Vivo in quella piccola provincia dove se mi chiedono di difendere un pezzo di grana sarei anche capace di andare di fronte al Padreterno, perché dietro quel semplice pezzo di formaggio c’è tutto il sudore e il sacrificio di persone, di famiglie e di un territorio che non conosce sabati e domeniche, che non conosce Pasqua, Natale e Ferragosto. Dietro quel semplice pezzo di formaggio c’è il sacrificio di chi lavora. Mi ha fatto male vedere Conte rinnegare con arroganza, supponenza e superficialità il nostro territorio, il nostro lavoro e la nostra cultura contadina della quale io, a differenza sua, non mi vergogno e non me ne vergognerò mai. Io sono fiero della nostra cultura contadina. L’arroganza con la quale ha liquidato una giornalista di inchiesta che voleva denunciare i rischi per la nostra agricoltura con l’introduzione dei dazi è inaccettabile: non basta portare la pochette a due o più punte e parlare di educazione costituzionale. Lo stile è un’altra cosa. L’agroalimentare italiano vale 215 miliardi, quasi il 13 per cento del PIL. L’export agroalimentare italiano vale 42 miliardi, perciò se difende le nostre produzioni lei non sta difendendo il nulla, il Governo le deve difendere. È un suo dovere farlo, deve difendere milioni di aziende e di posti di lavoro. I dazi che saranno applicati a partire dal 18 ottobre dagli USA saranno a rotazione, colpiranno molti prodotti simbolo del nostro Made in Italy e peseranno sul nostro export per un miliardo di euro all’anno così come sono stati impostati. Sul nostro agroalimentare grava il CETA e Conte sa benissimo quale sia il suo impatto diretto sull’importazione, per non parlare del Mercosur con il quale l’Unione europea ha svenduto i prodotti simbolo in cambio di produzioni francesi e tedesche. La goffa reazione di Giuseppe Conte fronte a chi gli consegnava il nostro prodotto non mi ha stupito, anzi, il suo volto visibilmente irritato me lo aspettavo, perché lui, in fondo, è come quel prodotto, che, dall’altra parte del mondo, ci penalizza: falso con gli italiani, presidente Conte, come il parmesan”.

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