Cronaca

Dirottò il bus con a bordo gli studenti della Vailati di Crema. Domani il processo

Si aprirà domani, mercoledì 18 settembre, davanti ai giudici della prima corte d’assise di Milano il processo contro Ousseynou Sy, 47 anni, l’autista di origine senegalese che lo scorso 20 marzo aveva dirottato il bus con a bordo 50 studenti della scuola media Vailati di Crema e tre accompagnatori. L’imputato aveva già deciso di non ricorrere al rito abbreviato che gli avrebbe dato la possibilità di usufruire dello sconto di un terzo della pena. Da sei mesi il 47enne, sposato e padre di due figli, è rinchiuso nel sesto raggio del carcere milanese di San Vittore in una cella del cosiddetto reparto protetti, senza alcun contatto con gli altri detenuti. “Sono dispiaciuto e pentito – racconta Sy all’Adnkronos, tramite il suo legale Richard Ostiante -. La situazione mi è sfuggita di mano, io non volevo uccidere nessuno ma solo fare un gesto dimostrativo perché si parlasse dell’emergenza immigrati, dei bambini che nell’indifferenza generale muoiono nel Mediterraneo, di un esodo dall’Africa all’Italia e all’Europa che non interessa nessuno. La loro sofferenza non può rimanere silenziosa”. Un gesto “dimostrativo”, come spiegato fin da subito davanti ai titolari dell’indagine, i sostituti procuratori Luca Poniz e Alberto Nobili, che hanno chiesto il processo immediato per strage, sequestro di persona, incendio, resistenza e lesioni. Il tutto aggravato dalla minore età delle vittime e dalla finalità del terrorismo. “Per ora – spiega il difensore Ostiante – non chiederemo la perizia per discutere della capacità, parziale o totale, di intendere e di volere perché non c’è nulla che indichi un’alterazione. E’ una persona forte, ma la situazione che sta vivendo inevitabilmente pesa sul fisico e sulla mente. Trascorre le giornate da solo, un isolamento continuo che mi fa temere possa crollare”. Domani Sy è pronto ad affrontare l’accusa. “In aula voglio raccontare integralmente la verità, quanto accaduto il 20 marzo, perché ho scelto di fare questo gesto dimostrativo. So e accetto le conseguenze a cui vado incontro, ma voglio raccontare la mia storia”.

 

 

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