Cultura

Grande partecipazione all'incontro su Piero Manzoni promosso da Confcommercio

La gioia di sperimentare è stato il filo conduttore per raccontare – domenica pomeriggio a Palazzo Vidoni, sede della Confcommercio – la vita e l’opera di Piero Manzoni, originario di Soncino, artista geniale e innovatore dell’arte d’avanguardia del Secondo Novecento. L’incontro voluto, oltre che dalla stessa Confcommercio, anche dalla Fondazione Piero Manzoni, dall’Associazione Scintille di Silvia Locatelli, in collaborazione con lo Studio legale Zontini e con la casa editrice Franche Tirature di Pietrasanta, ha richiamato un pubblico numeroso e attento.

“Abbiamo partecipato con piacere a questa iniziativa. Per noi questo pomeriggio è un’occasione per “sperimentare” situazioni culturali nuove, e con questa iniziativa, così come con il ciclo Giallo a Palazzo, vogliamo aprirci sempre più alla cultura e alla comunità per essere protagonisti di progetti di valorizzazione della nostra città” hanno introdotto Vittorio Principe e Paolo Regina, presidente e segretario generale di Confcommercio. “Anche l’arte, in senso lato, può rappresentare l’occasione per far conoscere Cremona al grande pubblico. Abbiamo pensato a Manzoni, proprio perché nato a Soncino, come a un ottimo “testimonial” benchè a livello locale non trovi ancora, soprattutto a livello istituzionale, quell’apprezzamento che, a ragione, gli viene riconosciuto all’estero: non a caso, in queste settimane, sono dedicate a Manzoni proprio due importanti mostre presso la prestigiosa galleria Hauser & Wirth, organizzate una a Los Angeles, e l’altra (che sarà inaugurata in aprile) a New York”.

“Abbiamo voluto dare vita a questo evento dedicato a Manzoni perché è del tutto coerente con lo “spirito” dell’artista, e siamo orgogliosi del fatto che ciò abbia consentito di far comprendere al pubblico la volontà dell’artista di «esperire l’Arte e la vita attraverso una condizione diversa: una dimensione intellettuale che si è manifestata nella capacità di esprimersi con opere catalogabili come idee e non come oggetti” ha precisato Paolo Regina.

Silvia Locatelli e Alessandro Zontini, entrambi bibliofili e appassionati di avanguardie del ‘900, hanno anticipato il momento saliente del pomeriggio “manzoniano”, auspicando un maggiore coinvolgimento delle istituzioni e dei privati per il rilancio di alcuni segmenti dell’arte italiana troppo spesso trascurati dalle realtà museali del nostro paese.
Nel suo intervento, il vulcanico Guido Andrea Pautasso, saggista oramai di lungo corso (molto importanti i lavori da lui dedicati al Futurismo, editi da Abscondita, e già autore del saggio Piero Manzoni. Divorare l’arte pubblicato da Electa nel 2015), ha presentato un piccolo libro d’artista, dal titolo Piero Manzoni. La gioia di sperimentare (edito in pochissime copie da Franche Tirature), e da lui appositamente realizzato per l’evento. Le copie sono state, ancor prima dell’inizio dell’incontro, velocemente acquistate dai presenti in sala, rendendoli protagonisti di un momento culturale profondamente caratterizzato.
Pautasso ha illustrato ai presenti la figura di Manzoni, artista oggi di fama internazionale.
«La pittura è vecchia», diceva alla futurista Manzoni, che con opere sperimentali straordinarie, metteva in atto una vera e propria sovversione degli stilemi artistici tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, quando l’arte era divisa tra due categorie: il figurativo e l’astratto-informale. Partendo dalla fine, ovvero dalle ultime creazioni di Manzoni realizzate nel 1963, Pautasso ha ricostruito la biografia dell’enfant prodige dell’arte d’avanguardia del Secondo Novecento, affrontando le sue realizzazioni principali con oggetti trasformati o transustanziati attraverso l’Arte in veri e propri concetti.
Il lavoro artistico di Manzoni è stato affrontato partendo dall’analisi dei materiali con cui sperimentava il superamento dei canoni tradizionali dell’arte del passato, ovvero grazie all’utilizzo di polistirolo, fibre poliammidiche, caolino, gesso, smalto, catrame, ma anche ovatta, cotone, sassi, spugna, carta da pacco, legno, fino a arrivare a usare le uova, il corpo umano, il fiato e le sue feci. Pautasso ha descritto l’apertura mentale di un artista dai progetti titanici, a volte impossibili, che sognava di andare oltre, verso l’Assoluto, con atti magici che si basavano sulla riduzione del gesto e che giungevano, in maniera radicale, all’azzeramento dei gesti stessi. Il suo bianco stratificato sulle tele diventò infatti a-chrome, non colore, anti-superficie, a-superficie, a-forma, oppure si distingueva in opere filanti come le nuvole nel cielo, o in tele in cui venivano fissati casualmente i sassi bianchi e i bastoncini di legno che l’artista-sciamano Manzoni raccoglieva da terra per creare nuovi spazi, nuove forme e altre dimensioni per una diversa visione della realtà. Anche la celebre Merda d’artista, considerata un’opera straordinariamente polemica, è stata letta da Pautasso come una creazione demiurgica, nata dalla volontà di assorbire il tutto sottovuoto, in una scatoletta che custodisce non solo la “reliquia” dell’artista ma anche gli scarti del suo Sapere. Una provocazione? «No» – ha spiegato sempre il critico – «si tratta della rappresentazione, in maniera esoterica, del riflesso della volontà manzoniana di dare vita a una creazione totale che incorpora e assorbe in toto il cammino esistenziale dell’Artista».
«Non c’è nulla da dire: c’è solo da essere, c’è solo da vivere», scrisse Manzoni, che con spirito leonardesco e nonostante la breve vita, è riuscito a diventare immortale e soprattutto è stato capace ancora una volta di far emozionare chi ha saputo cogliere come si possa giungere dalla Materia e dal Colore, al Concetto e all’Assoluto passando attraverso il principio della negazione e l’azzeramento della scrittura.
A conclusione dell’evento, Pautasso, dialogando con Alessandro Zontini, ha toccato vari punti fondamentali per comprendere il “fenomeno” Manzoni ragionando del valore non solo artistico, ma anche economico delle opere di Manzoni, e disquisendo poi sui legami dell’artista soncinese con Lucio Fontana e Alberto Burri e con gli intellettuali e i poeti della sua epoca, suscitando sia il plauso, sia gli interventi, peraltro molto appropriati, di un pubblico interessatissimo.
E se il soncinese vendeva all’inizio degli anni Sessanta la sua opera più nota, la famigerata Merda d’artista a «un prezzo equivalente a quello di 30 gr. di oro», oggi il record imbattuto spetta a una serie di tele bianche, i celebri Achrome, che in un’asta di Sotheby’s sono state aggiudicate a quasi 16 milioni di euro. Forse non ancora abbastanza per chi, nella sua poetica, non guardava strettamente al denaro ma puntava soprattutto all’Assoluto.

 

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