Cronaca

Terzo ponte, il concessionario non ha l'obbligo di realizzarlo: 4 anni per decidere

Autovia Padana, da un anno concessionario dell’A21, l’autostrada voluta tra anni Sessanta e Settanta dagli enti locali bresciani, cremonesi e piacentini, ha tempo fino al 2022 per trovare le risorse finanziarie per realizzare il ‘terzo ponte’, ossia il raccordo tra la zona industriale di Cavatigozzi e l’A21 in territorio di Castelvetro. Dopo quella data, questa opera definita in convenzione come non obbligatoria per il nuovo concessionario, verrà definitivamente stralciata estinguendo qualsiasi obbligo di realizzazione da parte del concessionario. A spiegare i contorni della vicenda, dopo che la Regione Emilia Romagna fa confermato l’infrastruttura nel Prit, il piano regionale integrato dei trasporti, sono stati l’ex direttore generale di Centropadane Francesco Acerbi e il sindaco di Castelvetro Luca Quintavalla nella trasmissione ‘Punto a capo’ di Cremona1.

Per non arrivare fuori tempo massimo nella ricerca delle risorse (240 milioni il costo dell’intervento tenendo buono il progetto approvato nel 2011, ma i costi dovranno essere rivisti), secondo Quintavalla sarebbe necessario avviare al più presto un tavolo di confronto tra enti locali e concessionario per capire la reale volontà di dare corso all’opera. Che potrebbe anche non essere più un ponte, impattante sul piano ambientale, ma un tunnel, ipotesi scartata ai tempi della progettazione per gli alti costi, ma oggi tecnicamente più facile da realizzare, sul modello di altre esperienze estere. “Il gruppo Gavio è il secondo operatore italiano – ha detto tra l’altro Acerbi, da sempre grande sostenitore dell’opera – non credo voglia sottrarsi a un confronto come questo. E d’altra parte la concessione è stata assegnata in base ad una gara che aveva come base il piano finanziario del vecchio concessionario, Centropadane”, che quell’opera aveva progettato nel 2011, appena prima della scadenza della concessione. Poi ci furono le note vicissitudini, la proroga, per arrivare solo a febbraio 2018 all’assegnazione della tratta. Nel frattempo erano scaduti i termini per gli espropri che non furono più rinnovati: e così l’opera finì nel dimenticatoio. Per riemergere ora, con il ponte in ferro dove la scorsa settimana è saltato un altro giunto e che,  dall’alto dei suoi 129 anni, resterà fuori uso per diversi mesi per la prevista sistemazione per una maxi manutenzione. Mentre il  ponte autostradale avrà bisogno nel prossimo triennio di ulteriori interventi manutentivi – ha spiegato Acerbi – il che contribuisce a rafforzare la necessità di un nuovo collegamento tra le due sponde del Po.

“Questa non è un’opera scelta da un privato – ha detto ancora l’ex dg – ma pianificata dalle due Regioni all’interno di un sistema di mobilità che ha avuto tutti i tempi, e ancora li avrà, per la consultazione degli enti e delle categorie”.

“Al di là di come la si pensi – ha aggiunto Quintavalla, che nel 1995, in minoranza in consiglio comunale, votò a favore dell’opera –  è stata approvata ed è giusto che vada avanti; non facciamo come con  la Tav, comportiamoci da Paese serio. Al tempo stesso non illudiamoci, occorre muoversi per tempo perchè il terzo ponte verrà fatto solo a condizione che da qui al 2022 vengano trovate le risorse finanziarie, in quanto si tratta di un project financing, non ci sono soldi pubblici e dovrà auto sostenersi. Per questo ritengo che nel frattempo occorre anche capire le alternative, vedere cosa può essere fatto in tempi più brevi”.

“La strada che stimola il sindaco è la più produttiva – ha concluso Acerbi – non ha senso lasciare al Ministero la scelta di cosa costruire o no. L’area portuale di Cremona è bloccata dal sistema viabilistico esistente e analogamente avviene sulla parte piacentina”, dove il raccordo autostradale di circa 10 km andrebbe ad completare altri interventi in programma lungo la Cispadana. “Se crediamo nella crescita della nostra economia, ogni punto di Pil vuol dire due punti di traffico. Ciò che muove la gran parte delle merci è la gomma; il ponte in ferro e la carenza di infrastrutture condizionano lo sviluppo dell’area industriale. Bisogna tener conto di quale processo di crescita ci sarà nel prossimo quinquennio”, è la scommessa finale dell”ex dg. g.biagi

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