Cronaca

Peculato, condannato il capo dei vigili di Sospiro. Si intascò i soldi delle multe del 2012

Nella foto, il comandante Gerevini (a destra) con il suo avvocato Curatti

Responsabile di peculato relativamente al denaro delle multe per l’anno 2012. Oggi pomeriggio i giudici del collegio composto dal presidente Francesco Sora con a latere i colleghi Giulia Masci e Daniele Moro hanno condannato a tre anni e sei mesi di reclusione Massimo Gerevini, 59 anni, da 20 comandante dei vigili di Sospiro, accusato di essersi intascato una somma di 15.000 euro, denaro delle contravvenzioni elevate al codice della strada. Assolto, invece, dallo stesso reato in riferimento agli anni a partire dal 2001, e assolto dal reato di falso. Nel procedimento, il Comune di Sospiro, nella persona del sindaco Paolo Abruzzi, era parte civile attraverso l’avvocato Marcello Lattari. Come risarcimento, i giudici hanno disposto una provvisionale di 12.025 euro, più 3.141,36 di spese di parte civile.

Nei confronti del comandante, difeso dall’avvocato Luca Curatti, la procura aveva ipotizzato il reato di peculato per essersi impossessato, “mediante falsificazione dei bollettari delle ricevute di pagamento ‘per cassa’ e di quello del sistema informatico denominato ‘Concilia’ in uso al Comune, della somma di 42.814,50 euro relativa ai proventi contravvenzionali e quelli derivanti dall’occupazione del suolo pubblico da parte dei commercianti”.

Oggi, nella sua requisitoria, il pm Ilaria Prette ha chiesto l’assoluzione per il reato di falso, riconoscendone l’insussistenza, e la condanna a cinque anni per il peculato. L’accusa ha parlato di un “quadro di gestione di pagamento delle multe casereccia, allegra, anomala” e di “bollettari che non erano controllabili dal Comune, ma solo dal comandante”.

“Un quadro di gestione certamente anomalo, con una contabilità particolare”, ha ammesso l’avvocato Curatti, che però ha attaccato su tutta la linea. “A livello probatorio non c’è nulla nei confronti del mio cliente. Sono state messe insieme suggestioni e deduzioni che hanno assunto il ruolo di prova”. “I bollettari”, ha specificato il legale, “sono stati acquistati dal Comune, e non da Gerevini, non vi è prova del contrario. Per 32 anni il mio assistito è stato agente della polizia locale. Contro di lui non c’è mai stata alcuna contestazione, sino ad oggi. C’è stata molta confusione, e la vicenda è esplosa in seguito alla denuncia sporta dalla collega di Gerevini, l’agente Barbara Fantigrossi”, il cui comportamento è stato definito dallo stesso legale “anomalo e incredibile”. “Nella cassaforte”, ha puntualizzato l’avvocato Curatti, “ci hanno messo le mani tutti. I bollettari scomparsi? Se li è tenuti il comandante? Ma dov’è la prova?”. “Certo”, ha ammesso la difesa, “può esserci stato davvero un ammanco, “ma non c’è la prova che Gerevini sia entrato in possesso di queste somme”.

“In quali momenti, con che modalità, e con quali elementi si accusa il mio cliente?”, si era già chiesto a suo tempo il legale. “Tra gli anni contestati c’è anche il 2001, da quando lui tra l’altro non era nemmeno comandante. Nel fascicolo c’è un ammanco di 550 euro da un bollettario delle ricevute di pagamento dei verbali contrassegnato nel 2001. Ma come si fa oggi a verificare che nel 2001 mancavano quei soldi?. Non è più denaro visibile, come si fa ad attribuire la sparizione di queste somme al comandante?”. “Fatico a trovare elementi che possano provare la responsabilità del mio assistito dal 2001 ad oggi”, aveva aggiunto ancora il legale, che aveva pure ricordato che “nel 2013 il perito del Comune aveva evidenziato che il bilancio fosse in ordine”.

Delle irregolarità relative ai pagamenti dei verbali delle infrazioni ci si era accorti nel 2013 nel corso di un controllo interno effettuato mentre il comandante era in ferie. “Quando sono tornato ho continuato tranquillamente a fare il mio lavoro”, aveva spiegato fuori udienza Gerevini (oggi il suo legale ha rinunciato al’esame dell’imputato), “fino a quando mi hanno sospeso senza chiedermi nulla e decurtandomi il 50 per cento del mio stipendio”. La sospensione nei suoi confronti è stata subito impugnata ed ora si attende la pronuncia della Cassazione presso la quale è stato fatto ricorso.

La motivazione della sentenza sarà depositata entro 90 giorni.

Sara Pizzorni

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