Tra le fucilate della “guerra di Segrate”. Io c’ero
Sono cresciuto tra le fucilate della cosiddetta “guerra di Segrate”. La guerra tra Berlusconi e De Benedetti per il dominio del più grande impero editoriale italiano, la Mondadori.
Una guerra tra titani. Uno tsunami con due mattatori abituati solo a vincere. Sempre. Uno sconquasso che si è riversato nelle redazioni e sul cammino dei vari giornali dell’impero, sia piccoli che grandi.
All’epoca io dirigevo il più piccolo giornale del gruppo, la Nuova Ferrara. Un foglio che avevo messo in piedi in tre mesi (dall’affitto dei locali alla scelta dei giornalisti) e che faceva capo alla Gazzetta di Mantova all’epoca diretta dal vulcanico e geniale Rino Bulbarelli. Un giornale spedito a dar man forte a due “cugine” (Gazzetta di Modena e Gazzetta di Reggio) che, nate entrambe nella primavera del 1981, stavano creando grossi problemi al mercato dell’egemone Resto del Carlino; un giornale stampato a Mantova, seguito dagli abili amministratori virgiliani (ho un ottimo ricordo del suzzarese Lorenzo Bertoli e del “matematico” Gigi Riccadona, motivatore coi baffi) e che portava un vento di novità nella città di Isabella d’Este.
La partenza (5 aprile 1989) non fu facile, la “piazza” era piena di concorrenti, tra cui una Gazzetta di Longarini (altra catena sparita nel nulla) e la militante Unità che su di noi riversò di tutto, di più. Come se tutto ciò non bastasse, un bel giorno ci arriva la notizia che i giganti Carlo e Silvio hanno sfoderato le spade e se le stanno suonando di santa ragione.
Delle vicende mi teneva informato l’on. Nino Cristofori, ferrarese, vice di Belzebù Andreotti, maestro di un ragazzino che voleva fare Politica (Dario Franceschini). I “viveri” arrivavano col contagocce, ma arrivavano. Per battere la concorrenza infilavamo giornate di 12 ore Non volevamo perdere il posto di lavoro e la faccia. Ringrazio ancora oggi quei magnifici ragazzi ferraresi che non sono mai arretrati di un metro.
Poi un bel giorno arriva in redazione la notizia che Maria Teresa, la segretaria di Caracciolo, sta cercando al telefono Giuseppe Ciarrapico, già proprietario delle Terme di Fiuggi, detto il Ciarra; un personaggio curioso, dal passato fascisteggiante. Un imprenditore che aveva da poco comprato a Roma la Casina Valadier e che era simpatico al “principe” per via della sua cultura eno-gastronomica. Ciarrapico accettò di fare il mediatore soltanto dopo il via libera di Andreotti. La “fusione” era fallita, meglio disfarla.
De Benedetti voleva Cuccia a fare da mediatore, non il Ciarrarmato.
Piero Ottone, quando veniva ad incontrarmi a Ferrara, mi raccontava che l’ingegnere non voleva affatto “il faccendiere di Frosinone”. Ma l’ha dovuto accettare. La trattativa è stata rapida, il Ciarra sapeva cosa fare.
Morale: a Berlusconi andò la Mondadori, il resto lo prese Carletto. Carletto De Benedetti. Uno che nel 1970 “non era nessuno” come ha scritto Peppino Turani nella famosa biografia del 1988. Poi, con i soldi degli Agnelli, ha comprato la CIR, si è messo in testa di salvare l’Olivetti, quindi il Banco Ambrosiano stregato dagli occhi di ghiaccio di Roberto Calvi. Diceva di lui il buon Cuccia, rais di Mediobanca: “De Benedetti ha un coraggio da leone”. Non si sbagliava. Tanto è vero che poi cercherà di acquistare la Rizzoli, (fu stoppato da Craxi), si è fatto socio di Gardini in Montedison. Ha comprato la Buitoni e cercato di mettere le mani sulla Sme a prezzo di saldo.Oggi ha un impero che nel 2010 ha realizzato ricavi per 4,8 miliardi con circa 12.900 dipendenti; ma ha un indebitamento finanziario netto consolidato superiore ai 2 miliardi di euro.
L’assegno in arrivo di 560 milioni rappresenta circa il 40% del valore di tutto il suo gruppo : Sorgenia (energia), Espresso (media), Sogefi (Componenti auto), Kos (Sanità). Farà di tutto per incassarlo.
Il Biscione è un colosso da 20mila dipendenti, realizza ricavi intorno ai 6 miliardi, ha tre “marchi” internazionali (Mediaset, Mondadori, Milan) ed una “galassia” in cui figurano persino servizi bancari e assicurativi. Ora la “sentenza bomba” dei giudici di appello di Milano che hanno votato per De Benedetti – una vittoria arrivata dopo vent’anni – apre molti interrogativi. L’effetto risarcimento potrebbe “riarmare”i gruppi rivali.Con conseguenze inimmaginabili. Altrochè le fucilate di vent’anni fa!
Enrico Pirondini