Cronaca

'Ndrangheta a Bologna, arresti e beni sequestrati. A Cremona effettuate perquisizioni

Sono state effettuate delle perquisizioni anche a Cremona nell’ambito dell’operazione contro la ‘Ndrangheta portata avanti dai finanzieri del comando provinciale di Bologna, in collaborazione con i colleghi del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata di Roma e con il personale del comando provinciale di Reggio-Calabria e Frosinone. La nostra provincia, insieme a quelle di Bologna, Reggio-Calabria, Roma, Piacenza, Frosinone, e Monza-Brianza, è stata interessata dall’operazione “Nebbia Calabra” che ha permesso di sferrare un duro colpo alla cosca Iamonte di Melito Porto Salvo, di eseguire tre arresti per intestazione fittizia e un sequestro milionario di beni.

Una persona è finita in carcere, una ai domiciliari e una ha l’obbligo di dimora per il reato di intestazione fittizia di beni con l’aggravante di voler agevolare l’attività dell’organizzazione mafiosa. I sequestri di beni per un valore complessivo di circa 8,5 milioni di euro hanno riguardato appartamenti, garage, terreni, locali commerciali, capannoni industriali e quote di società.

I militari hanno perquisito nella zona di Mortizza, nel piacentino, l’abitazione di un uomo, al momento non indagato, che risulterebbe l’intestatario di una società con sede a Cremona che però gestisce una piattaforma logistica a Fiumicino, riconducibile al destinatario dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Con l’obiettivo di “fare nuovamente luce sulle modalità di infiltrazione nel tessuto economico delle organizzazioni malavitose”, il meticoloso lavoro delle forze dell’ordine si è concentrato sulle attività illecite svolte da un noto imprenditore di origini calabresi, operante nel settore dell’autotrasporto e trapiantato in città ormai dal 2000. Un soggetto “risultato essere in intensi rapporti personali e di affari con soggetti di primo piano della criminalità organizzata calabrese”. Una fitta rete schermante fatta di prestanome e società fittizie, sgominata grazie a un minuzioso lavoro fatto di accertamenti bancari, patrimoniali, intercettazioni telefoniche e soprattutto ambientali, con gli agenti dello Scico che hanno permesso di ricoprire di dispositivi per l’intercettazione l’intera abitazione dell’imprenditore mafioso.

“La continuità di questi rapporti con la ‘Ndrangheta è stata accertata sia dalle dichiarazioni due collaboratori di giustizia, che dall’intensa attività investigativa sui flussi patrimoniali e il network di società fittizie”, ha spiegato il colonnello Luca Torzani. “Le intestazioni fittizie nascevano dall’esigenza, per l’uomo, di non essere raggiunto da misure di prevenzione patrimoniali, essendo l’imprenditore già stato arrestato nel 2013 per reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, salvo poi essere rilasciato per assenza di prove. Bisogna evidenziare anche le capacità imprenditoriali di questo soggetto: tra i beni sequestrati, infatti, risulta anche un grande capannone industriale adibito a centro delle attività logistiche”.

Particolarmente significativo è l’esempio della tabaccheria all’interno del centro commerciale “Pilastro”, fittiziamente intestata alla figlia dell’imprenditore. Gli accertamenti avrebbero permesso di dimostrare come “parti considerevoli della provvista impiegata per l’acquisizione siano riconducibili a versamenti operati da soggetti di origini calabresi residenti in Lombardia, contigui alla cosca della ‘Ndrangheta di Desio, collegata ai Iamonte”.

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