Cronaca

Sesso e coca al 'Juliette', i motivi. Grammatico 'soggetto ambizioso e aggressivo'

Nella foto, da sinistra Andrea Grammatico, Luca e Marco Pizzi

I singoli episodi, le testimonianze, le intercettazioni e le indagini. Nelle 99 pagine della motivazione della sentenza, i giudici di primo grado hanno ripercorso tutta la storia del processo ‘Juliette’, il locale di via Mantova dove si organizzavano serate di sesso a pagamento con le escort e dove giravano fiumi di cocaina. Cinque gli imputati che lo scorso 29 maggio il collegio, composto dal presidente Maria Stella Leone con a latere i colleghi Francesco Sora ed Elisa Mombelli, ha condannato. La pena più alta, dieci anni e quattro mesi, è andata all’ex maresciallo Andrea Grammatico, ex vice comandante della stazione dei carabinieri di Vescovato; quattro anni e sei mesi a Marco Pizzi, titolare del locale insieme al cugino Gianluca, quest’ultimo condannato a due anni; nove mesi a David Mazzon, ex titolare del Tabù di Vescovato, e un anno e quattro mesi a Ilham El Khalloufi, moglie marocchina di Marco Pizzi.
Il solo Marco Pizzi è stato ritenuto colpevole di entrambi i reati di cessione di droga e di favoreggiamento della prostituzione, mentre il cugino è stato assolto dal reato di favoreggiamento della prostituzione. David Mazzon è stato riconosciuto colpevole solo di due episodi di cessione di droga, mentre è stato assolto dall’accusa di detenzione. Ilham El Khalloufi è stata condannata per aver favorito la prostituzione nel locale.

La prostituzione 

Per i giudici, “la prostituzione aveva luogo all’interno del Juliette, ed in particolare nell’ufficio a piano terra (ambiente privato riservato ai gestori e agli amici) piuttosto che nell’appartamento personale dei Pizzi, posto all’interno della stessa struttura occupata dal locale (trattamento riservato a clienti più facoltosi e noti al pubblico, ovvero agli amici più intimi), oppure all’esterno del locale”. Per i giudici, “indizi univoci dell’attività di prostituzione, l’orario in cui le ragazze venivano reclutate da Marco Pizzi (in tarda serata o a notte fonda), il diverso corrispettivo pattuito rispetto alle serate ordinarie (500 euro in luogo dei soliti 100/150 per l’immagine), il riferimento alle prestazioni sessuali con la terminologia ragazza ‘sportiva, giusta, da combattimento’”. “Grazie alle ragazze immagine”, si legge nella motivazione, “il locale guadagnava in reputazione, poiché la sua fama cresceva tanto più le ragazze erano carine ed estroverse, e nei ricavi, in quanto spesso i clienti offrivano la cena alle ragazze immagine. In tal caso, secondo una precisa direttiva, le ragazze dovevano consumare di più (a differenza dell’ipotesi in cui a offrire l’immagine fosse il locale, per cui le ragazze dovevano accontentarsi di un primo piatto), poiché le stesse dovevano indurre i commensali a consumare bottiglie costose non solo per se stessi, ma anche per loro, in quanto, invitate a dissetarsi, non dovevano limitarsi a chiedere una bibita analcolica ma dovevano richiedere delle ‘bollicine’, contribuendo in tal modo a far lievitare il conto del cliente. Al Juliette venivano prenotati tavoli da persone facoltose (dello sport e dello spettacolo) che richiedevano la presenza di ragazze immagine. C’era una cena e un dopocena in discoteca. Per taluni clienti molto facoltosi, oppure su esplicita richiesta, venivano tuttavia reclutate ragazze ‘giuste, sportive, da combattimento’, ossia disponibili a prostituirsi che avrebbero accompagnato i clienti al tavolo durante la serata e che, senza alcuna costrizione, avrebbero consumato rapporti sessuali con loro, dentro o fuori il locale”. Per il collegio, la persona che si occupava “esclusivamente” del reclutamento delle ragazze immagine disposte a prostituirsi era Marco Pizzi.

La droga

Non solo prostituzione: il processo, così come scritto nella motivazione, “ha consentito di accertare che presso il Juliette vi era disponibilità di cocaina in quantità abbondante. E ciò non solo in quanto taluni clienti la portavano con sé per un uso personale, ma anche in quanto i cugini Pizzi l’acquistavano in quantità rilevante per farne uso sia da soli che in compagnia di amici o ragazze immagine ai quali talvolta la cedevano consumandola anche insieme. Veniva fornita esclusivamente cocaina, anche più volte nell’arco della stessa serata, e in occasione delle forniture i cugini Pizzi si trovavano al Juliette. Almeno quattro erano i fornitori del locale”. “In definitiva”, si legge, “emerge con certezza che all’interno del Juliette circolava cocaina: i Pizzi l’acquistavano con frequenza costante in concomitanza delle serate e soprattutto allorchè il locale era frequentato da clienti facoltosi ed importanti: gli acquisti arrivavano anche a 8 grammi per volta e la sostanza era di particolare qualità, atteso il prezzo al grammo pari a 100 euro. La cocaina veniva ripetutamente consumata dai Pizzi, da talune ragazze immagine e da diversi loro clienti-amici in locali riservati, quali appunto l’ufficio, di cui soltanto i Pizzi avevano la disponibilità, o la cambusa”.

La figura di Grammatico e gli arresti illegali

Anche l’ex maresciallo Andrea Grammatico, frequentatore del Juliette, faceva uso di droga. Una delle accuse nei suoi confronti era quella di aver portato all’interno del Juliette la cocaina, ma l’ex militare, a cui i giudici nella motivazione dedicano una larga parte, doveva anche rispondere di numerosi altri reati, come il falso ideologico in atto pubblico, tentata concussione, concussione consumata, omissione di atti di ufficio, reati commessi in servizio, arresti illegali, calunnia, rivelazione di segreto d’ufficio. Per i magistrati di primo grado, “al di là di una personalità eccentrica, autoritaria ed aggressiva, quale si evince direttamente dalla lettura delle intercettazioni, nonché poco incline al rispetto della gerarchia, come si apprende dalla lettura delle sue valutazioni professionali, Grammatico era un soggetto particolarmente ambizioso, non solo sul piano personale, ma anche sul piano professionale”. Per il collegio, “emblematica” la conversazione intercettata nella quale l’ex vice comandante commentava il numero di arresti praticati dalla stazione di Vescovato, anche grazie al suo intervento, rispetto a quelli eseguiti dalle altre stazioni della provincia di Cremona. “Arresti”, scrivono i giudici, “il cui numero, secondo la disciplina che governa la progressione in carriera dei militari, assume rilievo nella loro valutazione professionale, consentendo una valutazione anche superiore alla media necessaria per poter accedere a reparti più ambiti, anche operativi”. Parlando con un collega, Grammatico dice: ‘…e stiamo sempre otto a zero. Tra l’altro, comunque, l’arresto per oltraggio e resistenza qualcuno m’ha detto che non conta…’. E l’altro, scherzando: ‘…e infatti non conta un c…!. Ma pensa che avevano inventato che non conta perché hai iniziato a farli tutti te…Ne hai fatti 14 in sei mesi…’. Per i giudici, “oltre ad un profilo di compiacimento personale per le operazioni compiute, Grammatico voleva migliorare il suo profilo professionale per passare a reparti più consoni alle sue prerogative o crescere in grado, valorizzando gli interventi compiuti sul territorio e creando l’occasione di farne altri, con modalità investigative contrarie alla legge finalizzate ad ottenere le informazioni necessarie che gli consentissero di organizzare arresti o pervenire a denunce che, in aggiunta alle altre operazioni compiute, avrebbero contribuito ad accrescere il suo profilo professionale”.

Nel processo, parte civile contro Grammatico c’era il 36enne indiano Amritpal Singh, il cui legale, l’avvocato Ugo Carminati, aveva chiamato in causa anche i ministeri della Difesa e dell’Interno, poi condannati a risarcire la vittima con una
provvisionale di 6.000 euro. Lo scorso 30 gennaio l’indiano era stato assolto con formula piena dall’accusa di tentata violenza sessuale nei confronti della cognata di 27 anni. L’episodio risale al 18 aprile del 2015 a Robecco d’Oglio, quando il 36enne era stato arrestato per resistenza a pubblico ufficiale dall’allora vice comandante della compagnia di Vescovato. Era uno degli arresti illegali di Grammatico. L’avvocato Carminati aveva citato come responsabili civili il ministero della Difesa, in quanto l’ex carabiniere, al momento dei fatti, aveva agito in qualità di militare in divisa e con la macchina di servizio, mentre quello dell’Interno per il ruolo di agente di pubblica sicurezza che Grammatico rivestiva. Relativamente alle responsabilità delle due amministrazioni, i giudici parlano di “ritardo con cui si sono attivate per mettere la collettività al riparo dalle iniziative delittuose del maresciallo nonostante già fossero a conoscenza di esse”.

Sara Pizzorni

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