Ambiente

Forno crematorio e salme anche da fuori provincia: M5S chiede controlli al camino

Che cosa producono in termini di inquinamento le emissioni dal forno del polo della cremazione? Lo chiede in un’interrogazione la consigliera M5S Lucia Lanfredi a proposito del mai risolto tema dell’inquinamento dell’aria a Cremona. Non solo automobili, non solo emissioni derivanti da attività agricole, industriali e di smaltimento rifiuti, non solo impianti di riscaldamento: in città è in piena funzione dal 2014 una nuova fonte emissiva, il forno crematorio, che sta attirando salme anche da molte altre province: Bergamo, Brescia, Lodi, Mantova, Parma e Piacenza,  tanto che le cremazioni sono triplicate, passando da 900 del 2014, a circa 1900 nel 2015, a 2500 nel 2016, mentre il 2017 ha chiuso con 2700 cremazioni.

Tenendo conto che Cremona è tra le città più inquinate dell’Italia e d’Europa e che periodicamente scattano gli allarmi “e che non si è mai valutata la possibilità di intervenire seriamente almeno nei momenti di superamento dei limiti, sui grossi camini (tra questi termovalorizzatore e impianto a biomasse vegetali)”, Lanfredi fa presente che nel solo “2018 il Comune ha siglato convenzioni per l’utilizzo del forno con diverse ditte di onoranze funebri operanti in altri comuni con  elevato numero di abitanti, quali Torino, Asola, Crema, Casalpusterlengo”. Si chiede pertanto “se è stato ipotizzato il numero delle operazioni di incenerimento aggiuntive che derivano da queste nuove convenzioni, rispetto a quelle ordinarie ai soli cittadini cremonesi e il valore economico di questa operazione; se la convenzione per la verifica obbligatoria delle emissioni in atmosfera del forno crematorio affidato alla ditta Indam Laboratori srl di Castel Mella del 2017 è ancora in essere ed in ogni caso di aver copia delle indagini eseguite in questi anni (….); se è stato messo in funzione il sistema di iniezione ad urea completo di analizzatore di Nox in continuo e se sì, di avere maggiori chiarimenti; se è stato ipotizzato il carico ambientale aggiuntivo che deriverà da queste condizioni di incenerimento….”

Una raffica di domande che gettano un’ombra sull’attività del forno crematorio sul fronte della salute pubblica. Non a caso in alcuni centri italiani, ad esempio in Toscana, ne è stata vietata la realizzazione in quanto progettati a distanza inferiore di 400 metri dalle prime case.

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