Cronaca

Morto Giuseppe Soffiantini I giorni del sequestro ricordati dal dirigente Marco Mariconda

Da sinistra il questore di Cremona, Mariconda e Soffiantini

È morto l’imprenditore bresciano Giuseppe Soffiantini. Aveva compiuto 83 anni lo scorso sei marzo. Soffiantini nel 1997 fu vittima di un sequestro e rimase nelle mani di rapitori 237 giorni, dal 17 giugno, quando venne prelevato dalla sua abitazione di Manerbio, fino al 9 febbraio 1998 quando venne liberato ad Impruneta, in provincia di Firenze dopo il pagamento di un riscatto di cinque miliardi di lire. Il rapimento fui una delle ultime clamorose azioni dell’anonima sequestri asl Nord Italia. Ad occuparsi delle indagini fu Marco Mariconda, oggi a capo della squadra anticrimine della Questura di Cremona, all’epoca capo della squadra mobile di Brescia. Furono giorni convulsi, quelli del sequestro Soffiantini, ricordati all’Ansa dallo stesso dirigente che confida che ci furono momenti in cui si temette che l’imprenditore fosse stato ucciso. Il periodo in cui Soffiantini rimase nelle mani della banda fu contrassegnato anche da un conflitto a fuoco costato la vita all’ispettore di polizia Samuele Donatoni. “Fu dopo la morte di Donatoni a Riofreddo, dopo la cattura e la morte di Mario Moro”, spiega Mariconda. “Ci fu il silenzio dei sequestratori e pensammo che fosse stato ucciso dai carcerieri prima di fuggire. Invece, quando lo vidi, in Questura a Firenze, libero, pensai di trovarmi di fronte a un uomo resuscitato e, quando ci abbracciammo, pensai a Donatoni, il cui sacrificio non era stato inutile. Mi piace pensare a Soffiantini come a un uomo che visse due vite: una prima del sequestro, la seconda a liberazione avvenuta. E dal dolore di quei giorni è nato con lui e i suoi figli un rapporto indissolubile”. Fu una grande soddisfazione umana, ma anche professionale, visto che tutti i componenti della banda furono catturati, l’ostaggio liberato e buona parte del denaro del riscatto recuperato. “Fu la fine del fenomeno dei sequestri di persona fatti da professionisti”, conclude il dirigente. “E, anche per questo, il sacrificio di Donatoni non fu inutile”.

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