Cultura

Così la Cia spiava il Pci a Cremona: organizzazione, armi e un infiltrato nel partito

Cremona negli anni Cinquanta

Fine anni Quaranta-primi anni Cinquanta. C’era un’efficiente antenna della Cia a Cremona, forse addirittura dentro la Federazione provinciale del Pci. Lo si legge in un fascicolo del 1952 della Central Intelligence Agency, trovato e tradotto da un appassionato studioso cremonese, Marco Bragazzi. Fino a tre anni fa il documento era secretato e analizzava lo sviluppo del comunismo nel mondo, poi è stato rilasciato e sanificato (cioè sono stati tolti alcuni nomi compromettenti, tra cui forse anche quello dell’antenna cremonese). Dopo una nota introduttiva sulla Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale, gli analisti di Langley si dedicano ai “Gruppi Garibaldi”, cioè quelli in grado, secondo la Cia, e all’occorrenza, di riprendere le armi. E qui, nel fascicolo, compare il capitolo su Cremona. Con tanto di organigramma, di nomi, di legami, di scala gerarchica nonché un impressionante elenco completo delle armi a disposizione del “Garibaldi Club” di Cremona: moschetti, carabine, machine pistol, granate, detonatori e 10mila munizioni. Tutto così dettagliato da far supporre la presenza di un informatore proprio in casa comunista. L’organizzazione cremonese viene presa a simbolo di come il Partito Comunista Italiano rappresentasse un pericolo per l’occidente filoamericano. (m.s)

di MARCO BRAGAZZI

Siamo nel 1947 agli albori della guerra fredda, momento storico che metterà in contrapposizione il blocco legato alle nazioni sovietiche a quello fedeli agli Stati Uniti e che segnerà in maniera spesso drammatica tutta la seconda parte del XX secolo. Proprio nel 1947 William “Wild Bill” Donovan fece trasformare dal presidente Truman il vecchio servizio segreto statunitense (conosciuto come Operation Strategic Service) nella attuale CIA, realtà nata con l’intento di affrontare ogni possibile minaccia – vera o presunta – legata al pensiero comunista che stava crescendo in Europa e in altre parti del mondo. L’interesse per l’Italia di allora da parte della CIA è enorme, il paese viene considerato in bilico tra le ideologie di sinistra e le simpatie statunitensi ma di importanza strategica grazie a ruolo che riveste nel bacino del Mediterraneo. Nel 1951 il sentimento “anticomunista” negli Stati Uniti è smisurato, oltre alla CIA la ricerca di “comunisti” viene portata avanti da John Edgar Hoover, capo indiscusso della FBI e dal senatore Joseph McCarthy, che diede vita al “maccartismo” ovvero una “epurazione professionale” di quegli aderenti al mondo dello spettacolo con simpatie non allineate con i precetti delle agenzie di sicurezza americane.

Will Bill Donovan

 

In quel periodo anche Cremona finisce sotto i riflettori della “caccia alle streghe” che si stava sviluppando oltreoceano, in un enorme rapporto dei primi anni ’50 la CIA decide di analizzare il fenomeno del comunismo sotto l’aspetto delle organizzazioni clandestine dedite alla propaganda e alla organizzazione paramilitare delle stesse che verrà poi tramutata in “gruppi comunisti armati”. La disamina degli analisti della Central Intelligence Agency sulle organizzazioni comuniste è spietata e rivolta a tutte le zone del mondo dove l’influenza del pensiero marxista è più o meno intenso, le informazioni raccolte sembrano voler fomentare una presenza crescente e pericolosa delle fazioni comuniste sparse su tutto il globo. Per capire la natura di questo interesse bisogna fare un passo indietro, nel 1946 la seconda guerra mondiale è finita da pochi mesi e a Cremona, come in altre parti d’Italia, la liberazione dal nazifascismo coincide con la creazione di alcune “Scuole del Rinascimento”, ovvero scuole formate in alcune città dal Partito Comunista Italiano con lo specifico intento di dare sostegno e formazione ai loro iscritti su varie attività professionali. In totale queste strutture erano 9 su tutto il territorio nazionale, a Cremona i militanti e i simpatizzanti che aderivano a queste scuole venivano formati nello specifico sullo studio del mondo agricolo e delle strutture ad esso collegato.

Nella parte italiana del fascicolo, dopo una parte introduttiva dedicata all’organizzazione della resistenza partigiana tra il 1944 e il 1945, gli americani analizzano il fenomeno dei “gruppi clandestini comunisti” legati alla città del Torrazzo, con nomi dei referenti, date e attività presumibili svolte da simpatizzanti e dagli iscritti al PCI. Dal dossier spuntano i nomi di alcuni attivisti che furono, per vari motivi, sotto la luce dei riflettori per un decennio, è il caso di Guido Acerbi, studente cremonese che, nel 1946, costituì l’associazione sportiva “Spagna Libera” ma che, secondo gli analisti statunitensi, il militante del PCI Ugo Bonali fece tramutare in “Gruppo Garibaldi”. La CIA analizza le scelte operative del PCI come volte al reclutamento attivo tramite convegni o incontri sportivi, in una sorta di parallelismo tra i potenziali combattenti e la frequentazione di alcune realtà cittadine. Se da una parte il rapporto tende ad accusare la commistione tra il Partito Comunista e alcune organizzazioni politiche scomode per gli statunitensi, dall’altra pone l’accento sulla pericolosità di alcuni elementi che “agiscono eludendo il controllo delle autorità politiche centrali del PCI”.

Dopo il divieto per legge di organizzarsi in Brigate del gennaio 1948 la CIA decide di studiare in maniera profonda la struttura che collega le unità dei Gruppi Garibaldi al PCI cremonese, rimarcando il fatto che spesso all’interno delle varie unità venivano reclutate persone “ad hoc” per “particolari tipi di lavori” come la “sorveglianza di persone pericolose per il partito”. La CIA dimostra di avere ottimi contatti a Cremona, contatti in grado di sviluppare informazioni più o meno veritiere sulla rete di unità armate pronte a scendere in città così come, tra le prerogative delle varie unità, vi erano anche le funzioni “politiche” di controllo del volantinaggio o dei movimenti delle forze di polizia durante le elezioni con tanto di staffette che dovevano riferire ad Ugo Bonali ogni stranezza. A conferma di queste prerogative il rapporto cita che nei gruppi si era scelta la “presenza armata e la protezione degli edifici del partito” soprattutto per evitare “assalti da parte dei sostenitori di destra durante l’anniversario del 28 ottobre (Data della marcia su Roma n.d.a.)”. Per rafforzare la visione “clandestina” e “militare” di alcune fazioni il rapporto fornisce un dettagliatissimo inventario sulle armi nascoste in città da Guido Acerbi (vicino alla stazione, lungo il Po e in altri siti) elencando modello e il calibro di fucili, mitragliatrici, pistole, numero di proiettili e bombe a mano tutte “perfettamente oliate, in eccellenti condizioni e pronte all’uso”.

 

Il rapporto racconta anche un ipotetico dialogo tra il commissario del PCI Guido Perducani (verosimilmente Percudani) e Guido Acerbi riguardo alle armi che “saranno usate a tempo debito se dopo la vittoria del Fronte Popolare saranno necessarie per l’eliminazione delle forze di polizia, dell’esercito e degli oppositori del Fronte che di certo proveranno a fare un colpo di stato”. Dopo una analisi cronologica degli avvenimenti legati ai Gruppi Garibaldi cittadini e provinciali, partendo dalla loro parata del 21 gennaio 1948 insieme alla divisione “Ferruccio Ghinaglia” fino all’omicidio di Guido Piccoletti del 3 aprile, il custode di parte delle armi per il quale vennero dichiarati colpevoli Guido Acerbi e un complice, i relatori del rapporto si tuffano sulle potenziali evoluzioni dei Gruppi Garibaldi in Italia. Lo studio osserva anche le relazioni interne al partito, dove con la centralizzazione dei “garibaldini” viene resa operativa la decisione di far partecipare i gruppi al monitoraggio, ma a volte anche per sobillarle, alle manifestazioni di piazza e con la scelta, per le elezioni politiche del 1948, di mantenere unità 24 ore su 24 all’interno delle strutture del partito a protezione delle stesse. Il vento dei “gruppi comunisti” alimenta la ricerca di informazioni in città da parte della CIA, gli statunitensi vedono nello sviluppo dei gruppi una sorta di “militarizzazione” degli aderenti, tanto da arrivare ad affermare che i vari gruppi cremonesi hanno ormai raggiunto il numero di una compagnia dell’esercito con relative armi e con relativi ruoli ben definiti in una sorta di organigramma studiato dagli analisti.

Le finalità dello studio sembrano ricalcare alla perfezione gli indirizzi che “Wild Bill” Donovan e J. E. Hoover volevano far trasparire nei loro proclami contro il “pericolo rosso” che vedevano nella Russia comunista, la raccolta informazioni su Cremona e su altri luoghi del mondo è di certo meticolosa ed accurata, mentre l’interpretazione delle stesse sembra, ovviamente, molto più indirizzata verso le finalità informative del corposo rapporto. In pratica la CIA mette in guardia le altre agenzie e il Presidente degli Stati Uniti sulla potenziale replicabilità dei Gruppi Garibaldi cremonesi in tutta Italia, rendendo però la visione più legata a singole unità di combattenti che ai vertici del PCI i quali, se informati, tendevano ad allontanare gli estremisti più facinorosi dalle loro fila.

La città di Cremona viene presa come esempio in un rapporto talmente ampio (e anche parzialmente “sanificato” prima di essere pubblicato) che, paradossalmente, metteva insieme la guerra civile greca del 1947 o le evoluzioni politiche della struttura moscovita del Cominform, volta a raccogliere le organizzazioni comuniste di tutto il mondo, ma si tratta di un dossier che, comunque, è stato compilato con informazioni precise e dettagliate quasi certamente trovate in città e che la sede di Langley, nel bene o nel male, ha interpretato secondo i dettami del periodo.

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