Cronaca

8000 euro per un impianto 'antipiccioni'. Truffa al parroco, due condanne

L’avvocato Cortellazzi

Sono stati condannati ad una pena di dieci mesi ciascuno e ad una multa di 500 euro, Veronica Sessi e Lionello Ganci: lei, 45 anni, modenese, lui, 71 anni, cremonese, finiti entrambi a processo per truffa. Per ciascuno, il pm onorario Silvia Manfredi aveva chiesto un anno di reclusione. Il giudice Elisa Mombelli li ha anche condannati a risarcire la parte civile di 10.000 euro, oltre alle spese legali. Vittima dei loro raggiri, don Giuseppe Giori, 76 anni, di Soresina, parroco della chiesa di San Giovanni Battista a Pugnolo di Cella Dati, che a processo era assistito dall’avvocato Massimilano Cortellazzi.

I fatti risalgono al febbraio del 2011, quando i due avevano proposto al sacerdote la realizzazione a titolo non oneroso di un impianto per allontanare i piccioni dai tetti della chiesa. In cambio, il don avrebbe dovuto fare pubblicità alla loro impresa presso altre parrocchie. Dal parroco, Veronica si era fatta consegnare a titolo di mutuo 8,200 euro, soldi che avrebbero dovuto essere restituiti ad inizio lavori. Lavori che però non sono mai stati realizzati.

Il parroco e Lionello si erano conosciuti nel settembre del 2010, quando il 71enne, che il don già conosceva di vista, gli aveva chiesto di aiutarlo a promuovere le sue pubblicazioni, delle poesie su cd, dicendogli che se gli avesse sottoscritto una sorta di foglio di referenze, lo avrebbe utilizzato per presentarsi ad altri sacerdoti. Se il don lo avesse aiutato, lui avrebbe omaggiato la sua parrocchia di uno stereo e di uno strumento ad ultrasuoni per allontanare i piccioni. E così era stato. Lionello era tornato altre volte in parrocchia, fino a quando si era fatto accompagnare da Veronica, che facendo notare al don il gran numero di piccioni che stavano infestando la chiesa, gli aveva proposto un affare: lei avrebbe fatto realizzare dalla sua ditta specializzata in disinfestazioni un impianto sui tetti con punte di rame per tener lontano i volatili, e lui in cambio si sarebbe impegnato a far pubblicità alla sua azienda presso i sacerdoti di altre parrocchie. Veronica gli aveva anche proposto la sistemazione del tetto della casa parrocchiale, e tutti i lavori sarebbero stati effettuati gratuitamente. Il don aveva accettato.

Giorni dopo, però, Veronica era tornata in parrocchia dicendogli che aveva bisogno di un acconto per poter iniziare i lavori, rassicurandolo che il denaro gli sarebbe stato restituito a brevissimo. Il parroco le aveva consegnato 300 euro, ma la donna gli aveva detto che ne servivano almeno ottomila. Dapprima il don aveva mostrato dei dubbi, ma poi era stato convinto. Aveva quindi consegnato 8,200 euro in contanti con la promessa che l’inizio dei lavori sarebbe stato celere e che il prestito sarebbe stato restituito.

I lavori, però, non iniziavano, e il parroco, preoccupato, aveva chiesto a Veronica, quale garanzia, tre cambiali. La donna le aveva compilate, ma una volta portate in banca, a don Giuseppe era stato spiegato che erano sbagliate, in quanto il riquadro del debitore era stato compilato, anziché con i dati di Veronica, con quelli del sacerdote. Vane erano state le telefonate a Veronica e a quel punto il parroco si era presentato dai carabinieri ai quali aveva spiegato l’accaduto. I militari erano riusciti a rintracciare telefonicamente la donna, che si era giustificata dicendo di aver sbagliato a compilare le cambiali, promettendo che ne avrebbe sottoscritte altre tre. Cosa che alla fine aveva fatto. Peccato che il 25 gennaio del 2011 era tornato il primo protesto. Veronica e Lionello si erano resi irreperibili, così come la loro fantomatica ditta. A don Giuseppe, a quel punto, non era rimasto altro da fare che tornare dai carabinieri a sporgere denuncia per truffa.

Nelle sue conclusioni, l’avvocato di parte civile Massimilano Cortellazzi, ha richiamato alla memoria ‘Le avventure di Pinocchio’ di Collodi, definendo la coppia di truffatori “il gatto e la volpe” e sottolineando per contro “il racconto lucido, lineare e preciso” di don Giuseppe, “pressato” dai due imputati “a versare una somma importante, oltre 8.000 euro, che peraltro don Giori non possedeva integralmente, spingendolo, addirittura, a farsi prestare del denaro anche dai fedeli”. Il legale di parte civile ha concluso ricordando che dalle indagini dei carabinieri era emerso che la coppia era nota per aver messo a segno numerose truffe, “anche molto sostanziose, nell’ordine anche di 70/80mila euro a truffa”.

Sara Pizzorni

 

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