Lettere

Rigore, equità e sviluppo: i pilastri di Monti sono già edulcorati dai veti incrociati dei partiti

da Angelo Zanibelli (Udc)

Caro Direttore,

non mi posso esimere da un commento sulla manovra che in queste ore il Governo sta presentando alle Camere, che ha sicuramente tutti i limiti dell’essere fatto a caldo e su testi che sono ancora parziali. Quello che emerge in maniera netta è la gravità ed il peso di una manovra che è resa ancor più dura dal grave ritardo con la quale è stata attuata. Certamente, se si fosse intervenuto per tempo, prima che la situazione si aggravasse, se non si fosse negata la realtà parlando di luce in fondo al tunnel e di crisi ormai fuori dalla fase acuta, non sarebbe stato necessario oggi assumere provvedimenti di questa entità.

Quello che mi preoccupa è che i tre pilastri su cui Monti ha dichiarato di voler lavorare, rigore, equità, sviluppo, appaiono nella loro attuazione già edulcorati dai veti incrociati dei partiti, in particolare del PDL, col risultato che equità e rigore mostrano alcuni segni di cedimento. La manovra sulle pensioni, inevitabile per quanto riguarda l’età pensionabile, siamo proprio sicuri sia equa? Togliere la rivalutazione delle pensioni di 1000 euro al mese, significa penalizzare ulterirmente una fascia debole, che non sarà in grado di far fronte all’aumento del costo della vita. Con 1000 euro al mese un pensionato che arriva a fine mese se ha casa in proprietà e non paga l’affitto, da domani dovrà pagare più ICI e tre punti di IVA sui consumi, in compenso non gli verrà rivalutata la pensione.

Sarebbe stato il caso, per un principio di equità, mettere un tetto alle pensioni al di sopra di un certo importo, abolire i cumuli di pensione, magari maturati a fronte di pochi anni di servizio, anzichè ridurre quel già povero potere d’acquisto delle pensioni più modeste. Ancora troppo poche le misure su chi non paga: la tracciabilità dei pagamenti, per essere un vero strumento destinato a contrastare l’evasione, dovrebbe essere garantita su importi più bassi, se si vuol scovare la prestazione professionale o quella dell’artigiano. Senza un forte conflitto di interessi tra chi paga e chi incassa è difficile limitare le prestazioni senza fattura. Inoltre la maggior diffusione di strumenti elettronici di pagamento, dovrebbe prevedere di riflesso una riduzione dei costi bancari evitando che uno strumento di maggiore trasparenza imposto, diventi un ulteriore strumento di guadagno speculativo per le banche. E poi, se si ha avuto il coraggio di mettere una imposta una tantum ai capitali rientrati dallo scudo fiscale (che hanno pagato grazie al regalo di Tremonti un 5% anzichè il 40 o 50% che paga chi non può sottrarsi a tassazione), se si ritiene di poter intervenire su quello che veniva definito un patto con l’evasore, perchè solo l’ 1.5% e non il 15 o 20% che sarebbe comunque la metà di quello che avrebbe dovuto pagare?

Sono profondamente convinto che gli italiani hanno ancora la capacità di fare sacrifici e sono disposti a pagare, purchè sia chiaro che i loro sacrifici sono destinati a sanare un sistema e non ad alimentare quella voragine di spesa pubblica sulla quale si fatica a vedere chiaramente come viene compressa. Non è certo l’abolizione dei consigli e delle giunte provinciali che potranno ridurre la spesa pubblica. Saranno molti gli italiani che piangeranno, come la ministra del welfare, ma temo saranno quelli che già piangono, se in fase di conversione non verranno migliorate alcune norme nella direzione di una maggiore equità e di un maggior rigore. La politica si assuma le sue responsabilità e non contribuisca ad annacquare, con i suoi veti corporativi, una manovra che rischia diversamente di essere dolorosa ma non risolutiva.

Angelo Zanibelli
Capogruppo UDC Comune Cremona

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