Cronaca

Processo Juliette: la 'panetteria' ? 'Era il luogo degli incontri hard'

“Quando ho saputo degli arresti, in me ci sono stati sentimenti di sgomento e choc. Sono stato chiamato per dare una mano nel locale e mi sono sentito in dovere di non abbandonare la nave”. Chi parla è uno dei testimoni della difesa chiamati nella settima udienza del processo ‘Juliette’, il ristorante discoteca di via Mantova dove, per l’accusa, si organizzavano serate di sesso a pagamento con le escort e dove giravano fiumi di cocaina.
Ma nel locale, come ha precisato il teste rispondendo alle domande dei difensori degli imputati, “non c’erano luoghi adibiti all’attività sessuale”. “C’erano le ragazze, sì, ma erano ragazze immagine o hostess che accompagnavano i clienti ai tavoli”. Anche il testimone, che nel locale ha lavorato come barista dal 2012 a fine dicembre del 2015, si occupava dell’accoglienza. “Lavoravo al Juliette per pagarmi gli studi”.

Nel corso dell’esame, l’avvocato Giacomo Nodari, legale del titolare Gianluca Pizzi, accusato, insieme al cugino Marco di aver favorito la prostituzione delle ragazze al Juliette e di aver ceduto cocaina ai clienti facoltosi, ha chiesto conto al testimone di un’intercettazione telefonica del 25 ottobre del 2014 delle 4,18 della mattina. Nell’intercettazione, il barista risponde al cellulare di Gianluca Pizzi. Chi chiama è Manuel, un cliente, che sostiene di aver dimenticato nel locale la sua giacca “da 800 euro”. Il dipendente la va a cercare ma non la trova. Riprende il telefono e chiede indicazioni al cliente, che gli dice: ‘L’ho lasciata nella panetteria, quella con la chiave dove si va a trombare’. E a quel punto il barista risponde: ‘Ah, sì, in ufficio’. Secondo l’accusa, la ‘cambusa’, chiamata anche ‘panetteria’, perché c’erano le impastatrici per la pizza, era uno dei luoghi dove i clienti facevano sesso a pagamento. Sull’intercettazione, il testimone è stato evasivo. “Per l’amor del cielo”, ha risposto, “il Juliette non era una chiesa, quel cliente era su di giri e io ho fatto un collegamento in base alla chiave. Se poi, all’insaputa dei titolari, lui andava…”.

Tra le domande fatte al teste, anche qualcuna riguardante Tommaso Ghirardi, ex presidente del Parma Calcio, uno dei clienti vip del locale. Ghirardi, che avrebbe dovuto essere sentito oggi come testimone, ha fatto pervenire una giustifica per problemi familiari. E’ la seconda volta che è atteso. Salvo sorprese, dovrebbe essere sentito nell’udienza del 2 maggio. Per gli inquirenti, l’ex patron del Parma avrebbe usufruito di prestazioni sessuali a pagamento. Proprio su Ghirardi, il barista testimone ha riferito che si trattava di un caro amico di Gianluca Pizzi e che “aveva un trattamento particolare: aveva accesso alla casa di Gianluca”. “Era un cliente che spendeva”, ha ricordato in aula, “e spesso si fermava fino alla chiusura”. Sull’utilizzo di cocaina nel locale, il teste ha affermato di non aver mai avuto prove dirette, “anche se si poteva capire da alcuni atteggiamenti e sbalzi di umore”.

Sulla figura di Ghirardi si è tornati con un altro testimone: Luca, amico dell’ex presidente e facente parte del suo entourage. “Per Ghirardi seguo la qualità dell’azienda”, ha detto. “Fa l’autista per Ghirardi?”, gli ha chiesto il pm Francesco Messina. “Mai fatto l’autista”.
“Al Juliette le ragazze immagine venivano al tavolo e stavano con noi”, ha ricordato il testimone, “ma non ho mai ricevuto proposte sessuali”. “Una delle ragazze”, gli ha contestato il pm, “ha riferito di aver consumato cocaina insieme a lei”. “Può aver bevuto con me qualcosa al tavolo”, ha risposto il teste, “ma nulla di più”. Anche Luca, a suo tempo, era stato sentito dai carabinieri. Appena uscito dalla caserma, come riporta un’intercettazione, si era recato subito al Juliette. “Volevo capire cosa fosse successo”, si è giustificato, “ero un po’ incazzato”.

Nel corso dell’udienza sono state sentite altre ragazze che lavoravano al Juliette: nel locale, Luana, 24 anni, brasiliana, ci ha lavorato dal 2013 fino ad alcuni mesi fa. Era una delle ragazze immagine della ‘scuderia’ di Emilio Smerghetto, accusato, insieme all’altro bresciano Matteo Pasotti, di aver favorito la prostituzione nel locale, procurando le ragazze squillo. Pasotti è già stato condannato a due anni e tremila euro di multa, mentre Smerghetto ha patteggiato due anni e otto mesi di reclusione. “Nel mio lavoro”, ha raccontato la testimone, “facevo riferimento a Marco Pizzi e a sua moglie. Guadagnavo dagli 80 ai 100 euro a serata”. “Esisteva la possibilità di avere denaro in cambio di sesso?”, è stata la domanda di uno dei difensori. “Assolutamente no”, ha risposto Luana. “Le è mai stata offerta droga?”. “Assolutamente no”. Stesse risposte anche per Mari, 28 anni, marocchina, al Juliette dal 2012 fino al 2015. “Andavo il mercoledì e il venerdì, curavo il guardaroba e facevo la ragazza immagine”. “So che alcune ragazze facevano uso di droga”, ha detto, “e ce n’erano alcune che di mestiere facevano anche altro al di fuori del locale. Andavano via con i clienti, poi quel che facevano io non lo so”.

Altri testi, tra cui Tommaso Ghirardi, e altre ragazze saranno sentiti nel corso della prossima udienza del 2 maggio.

Questa mattina, intanto, il collegio presieduto dal giudice Maria Stella Leone con a latere i colleghi Francesco Sora ed Elisa Mombelli ha conferito l’incarico al medico legale che dovrà effettuare una perizia sulle condizioni di salute di Francesco, cameriere al Juliette, che ai carabinieri aveva rilasciato dichiarazioni fondamentali. Nella sua testimonianza, resa il 15 marzo del 2016, il testimone aveva però detto di non ricordarsi nulla a causa di un incidente accaduto sul treno nell’ottobre precedente. “Ho sbattuto la testa contro uno spigolo, e da quel momento ho dei vuoti di memoria”, aveva affermato, dicendo di avere in corso una causa contro Trenitalia”. “L’incidente è effettivamente avvenuto”, aveva riconosciuto il pm, che però aveva chiesto ulteriori approfondimenti. Il collegio ha quindi ritenuto la perizia “necessaria per accertare se l’evento traumatico abbia avuto conseguenze sulla capacità del testimone di ricordare eventi pregressi”. L’udienza per sentire il medico legale è stata fissata al prossimo 19 settembre.

Nel processo, oltre ai cugini Pizzi, è imputato anche l’ex vice comandante dei carabinieri di Vescovato Andrea Grammatico, accusato di aver portato all’interno del locale la cocaina, dandola ai Pizzi, che a loro volta la regalavano ai clienti. L’ex militare deve anche rispondere dei reati di falso, calunnia, concussione e tentata concussione. Per la procura, avrebbe pure effettuato arresti illegali. Tra gli imputati, anche David Mazzon, ex titolare del Tabù di Vescovato, accusato di aver ceduto cocaina a diverse persone, tra le quali l’ex maresciallo Grammatico, e Ilham El Khalloufi, moglie marocchina di Marco Pizzi, accusata di aver favorito la prostituzione nel locale.

I difensori degli imputati sono Marco Lepore per Grammatico, Giacomo Nodari e Massimo Nicoli per Gianluca Pizzi, Massimo Vappina e Walter Ventura per Marco Pizzi, Massimo Nicoli per l’ex titolare del Tabù di Vescovato David Mazzon e Fabrizio Vappina per Ilham El Khalloufi.

Sara Pizzorni

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