Cronaca

Inquinamento Tamoil, canottieri Bissolati sta valutando causa civile

E’ ancora prematuro parlare di azioni legali, ma la possibilità di una causa civile da parte della canottieri Bissolati nei confronti della Tamoil si fa sempre più vicina, anche se sarà un’assemblea dei soci appositamente convocata a prendere la decisione finale. Della possibilità di una causa per risarcimento danni si era già parlato in una precedente occasione, a novembre, su sollecitazione del radicale Sergio Ravelli (che è anche socio della canottieri). Ora l’argomento torna d’attualità, nelle brevi righe scritte dal presidente Maurilio Segalini nel bollettino societario che annuncia l’assemblea dell’8 aprile, in cui verranno approvati i bilanci. In questa sede, si legge, verranno forniti alcuni ragguagli in merito alle valutazioni compiute dal “gruppo di lavoro composto da tutto il Consiglio, da alcuni avvocati e tecnici specialisti che ci affiancheranno in ogni azione a tutela del patrimonio Sociale”. Il tutto verrà comunque affrontato in un’altra assemblea dedicata espressamente alla questione Tamoil.

Si tratta insomma di valutare la possibilità di una causa civile nei confronti della società che ha gestito la raffineria ora trasformata in deposito. Determinante, nel prendere decisioni in merito, sarà l’esito del ricorso in Cassazione da parte della procura generale di Brescia, contro la sentenza emessa il 20 giugno 2016  dalla corte d’assise d’appello che, seppur confermando l’inquinamento, aveva emesso una sola condanna per disastro ambientale colposo aggravato e non per il reato più grave di inquinamento delle acque, come invece chiesto dall’accusa.

I giudici di Brescia avevano condannato il solo manager Enrico Gilberti ad una pena di tre anni di reclusione, e assolto tutti gli altri imputati, confermando comunque per le parti civili i risarcimenti decisi in primo grado, compreso il milione di euro a titolo di provvisionale per il Comune.

Nel ricorso alla Suprema Corte, la procura generale torna a chiedere quanto già chiesto a Brescia, e cioè la condanna di tutti i cinque manager della Tamoil (Giuliano Guerrino Billi, Mohamed Saleh Abulahia, Pierluigi Colombo e Ness Yammine, l’unico, quest’ultimo ad essere stato assolto anche in primo grado) per avvelenamento delle acque, in concorso con il reato di disastro ambientale doloso, reato che prevede una pena minima di 15 anni.

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