Cronaca

Piano territoriale bocciato da Consiglio Stato: ora tutte le cave rischiano la paralisi

Il piano cave provinciale è stato rivisto negli anni 2012 - 2014 dal consiglio provinciale

Piano territoriale di coordinamento provinciale: tutto da rifare, peccato però che il settore dell’amministrazione provinciale che quattro anni fa aveva redatto quel documento sia stato in buona parte smantellato dalla nota legge Delrio.
Sono gravissime le conseguenze della sentenza del Consiglio di Stato (leggi qui: Pianalto della Melotta, il Consiglio di Stato dà  ragione agli ambientalisti) che ha accolto il ricorso presentato da Legambiente, Wwf, Fai, Italia Nostra e Comune di Romanengo contro il documento approvato dalla Provincia (epoca Salini) che autorizzava le escavazioni di argilla nel Pianalto della Melotta. Non solo la sentenza dà ragione ai ricorrenti per quanto riguarda l’illegittimità delle escavazioni in una zona geologicamente unica nel territorio, ma rispedisce al mittente l’intero contenuto del Ptcp e del piano cave ad esso conseguente invalidando quindi anche tutte le altre escavazioni. Argilla, ma anche ghiaia e sabbia, quelle più tipiche della bassa cremonese, che riguardano buona parte del corso del fiume Po e rappresentano un settore economico rilevante.
La sentenza riguarda infatti le delibere di approvazione definitiva del Piano territoriale di coordinamento, approvate dal consiglio provinciale n.113 del 2013 e la delibera 8/2014 di adozione del piano Cave provinciale.

Tra le memorie difensive, quella della Fornaci Laterizi Danesi che, sotto il profilo sostanziale, aveva ricordato che “l’impossibilità di approvvigionamento dell’argilla determinerebbe la chiusura del suo stabilimento di Soncino con il licenziamento di 130 maestranze ed impedirebbe la creazione di importanti corridoi ecologici previsti a livello regionale”.
I giudici hanno dato ragione alle associazioni ambientaliste, giudicando tra l’altro illegittima la suddivisione del geosito in tre distinte porzioni sottoposte a diversi regimi di tutela, ma che nell’inventario nazionale Ispra è inserito in maniera integrale ed unitaria.
Dunque ora per la Provincia si apre il dilemma: avrà le forze (intese come risorse umane) per realizzare il nuovo piano cave e, prima ancora il Ptcp? E’ sufficiente il personale rimasto al settore Ambiente e Territorio che ha competenza sulla partita cave, dopo la cura dimagrante avviata nel 2015 con la legge che avrebbe dovuto abolire le Province e che ha più che dimezzato il personale? L’ipotesi  è che la Provincia debba ora rivolgersi a consulenze esterne. A meno che nel frattempo la schizofrenica normativa nazionale non ripristini  almeno in parte le risorse smantellate in tutta fretta.
Giuliana Biagi

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