Cultura

Da campi di concentramento a Israele, 3 anni di storia tra le mura degli ex monasteri

La tavola rotonda sul campo profughi di via Bissolati - via Chiara Novella nel dopoguerra rilancia l'idea di restituire alla città uno spazio mai veramente fruito dai cremonesi e denso di storia.

Il complesso degli ex monasteri potrebbe essere recuperato, seppure non nella sua interezza come si immaginava vent’anni fa, con l’idea di farne auditorium, spazi per la liuteria e i corsi universitari. Un recupero almeno parziale, nelle parti meno ammalorate e più facilmente riutilizzabili, anche per fare di questi luoghi – un quadrilatero irregolare tra via Chiara Novella, via dei Mille e via Bissolati, mattoni, ma anche parco  – non solo un luogo della memoria, ma uno spazio fruibile dai cremonesi, come non è mai stato. Di storia qui ne è passata tanta: risale al XI secolo la fondazione di san Benedetto,al tardo medioevo il convento di santa Chiara, al pieno Rinascimento degli Sforza – Visconti il Corpus Domini. Tutti conventi di clausura femminile, prima di diventare, sul finire del Settecento, caserme austro ungariche e due secoli dopo, luogo di accoglienza per i sopravvissuti dai campi di concentramento. Dal 1949, però, più nessun utilizzo organico.

L’auspicio di un recupero urbanistico seppure parziale è emerso dalla tavola rotonda organizzata dalla Biblioteca del Seminario di via Milano, sul tema del ‘Displaced person camp 82’. Fu qui, infatti, uno dei centri di accoglienza realizzati in Italia dalle organizzazioni ebraiche dopo la shoah, come luoghi di transizione verso il nuovo Stato di Israele. Due studiose, Cinzia Villani e Martina Ravagnan, hanno spiegato questo pezzo di storia poco conosciuto, schiacciato dalla storiografia tra i due eventi del secolo, appunto l’olocausto e la nascita dello stato ebraico. Ma cosa successe dall’estate del 1945 alla fine del 1948 è ancora storia poco esplorata. Dall’arrivo dei gruppi di profughi attraverso i valichi dell’Alto Adige, grazie ad alcuni coraggiosi ebrei clandestini, alle organizzazioni ebraiche americane e al partito sionista, fino ai dettagli di come era organizzata la vita nei centri di accoglienza. Luoghi dove i i bambini, spessissimo orfani e gli adulti, venivano ‘rieducati’ ad una vita di normalità dopo aver vissuto esperienze disumane. Non mancavano liti, tensioni, fatti di sangue; c’era pure una ‘banda di ladri’ indicata come Kremona.

dcamp dentro

Ma c’erano anche scuole ebraiche, il teatro, spazi per lo sport, per la preghiera, due mense, una delle quali kosher, come ha illustrato nel suo intervento Angelo Garioni, l’architetto che ha raccolto una ricca documentazione sui rapporti tra di Dpcamp e la città di Cremona, attraverso fotografie, articoli di giornali, oggetti, alcuni dei quali esposti, tra cui anche le lettere di lamentele per il trattamento non conforme a quanto atteso, inviate da Cremona agli Stati Uniti. Ma a parlare sono anche i muri degli ex conventi, dove nei secoli si sono sovrapposte tante storie, con le scritte in carattere ebraico che ancora oggi campeggiano. Invisibili alla città, mai troppo interessata a questa cittadella che potrebbe invece tornare a raccontare molto del suo passato, se solo si individuasse una parte non eccessivamente ammalorata, verde compreso.

dp camp lettere

La tavola rotonda ha visto gli interventi di Mariella Morandi, Massimo Terzi, Angelo Landi, delle bibliotecarie Roberta Aglio e Monica Feraboli. In particolare, l’auspicio di un recupero parziale degli spazi è stato rilanciato da Morandi e Terzi, quest’ultimo principale fautore del recupero urbanistico quando era assessore nella giunta Bodini.

g.biagi

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