Lettere

18 gennaio, il tempo non
lenirà il nostro dolore

da Csa Dordoni

Sono ormai passati 5 anni dall’apertura ufficiale della sede di CasaPound in via Geromini. E da almeno altrettanto tempo, le realtà più attente al tema dell’antifascismo mettono in campo iniziative di sensibilizzazione e contro-informazione su questa sgradita presenza in città. Una presenza sgradita non solo perché dichiaratamente fascista, razzista ed omofoba, ma anche per la minaccia sociale che rappresenta.

In questi anni infatti, nonostante la facciata da associazione culturale, sono diverse le aggressioni subìte per strada, al bar o fuori da scuola dai soggetti più diversi ad opera dei fascisti del terzo millennio; senza contare gli spazi, pubblici e non (sede compresa), spesso e volentieri concessi nella più totale immobilità delle varie istituzioni. Di questo passo, non è difficile arrivare al 18 gennaio 2015, una data che per la città di Cremona non sarà facile dimenticare. In quella giornata, un anno fa, questa città é stata teatro di una delle aggressioni fasciste peggiori degli ultimi anni. Un compagno a terra, ridotto in fin di vita, e i fascisti che cercano di sfondare i portoni del Csa Dordoni.

La resistenza e la difesa dello spazio sociale e dei compagni all’interno fino all’ultimo momento, poi l’arrivo dell’ambulanza, i blindati, le cariche di “contenimento” e i fascisti scortati per poter raggiungere le loro vetture in sicurezza. Un gesto organizzato nella sua intrinseca vigliaccheria per colpire a fondo chi lotta quotidianamente contro ogni sopruso. E buona parte di questa città ha deciso di non rimanere di nuovo zitta a guardare. Esattamente un anno fa, l’annuncio del corteo antifascista nazionale proprio a Cremona, per esprimere tutta la nostra rabbia nei confronti dei responsabili, diretti ed indiretti, di quanto subìto da Emilio e dal Csa Dordoni. Ed in 10.000, di Cremona e da ogni parte d’Italia (e non solo), che attraversano le strade della città e danno voce alla loro rabbia contro i fascisti e contro chi ogni giorno ci costringe ad una vita precaria ed a testa bassa.

Quel 24 gennaio, la testa l’abbiamo alzata. Abbiamo cercato di avvicinarci a quella sede, facendoci forza dell’enorme solidarietà ricevuta e della rabbia che riempiva l’aria insieme ai lacrimogeni, e abbiamo affrontato la polizia schierata a difesa dei fascisti; la stessa polizia che troppe volte interviene per sfrattare le famiglie indigenti e sgomberare i picchetti dei lavoratori in sciopero, la stessa polizia schierata a difesa del cantiere Tav in val di Susa e che non manca mai in occasione di ogni sgombero di occupazione abitativa o spazio sociale. La nostra rabbia non si è esaurita: il tempo non lenirà il nostro dolore, ma sarà testimone delle nostre lotte.

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