Cultura

La Bohème sessantottina incuriosisce il pubblico del Ponchielli

Foto Sessa

“Ce n’est qu’un début continuons le combat” mancava questo famoso slogan del ’68 francese nella Bohème edizione  Muscato, ma gli elementi della contestazione parigina c’erano quasi tutti. I cortei, i cartelloni (“La lutte continue” e altri), i murales dipinti da Marcello sui muri della fonderia occupata, i celerini con visiera, manganelli e scudi di plastica, gli operai in sciopero: tutto ha fatto da contorno alla storia tragica dell’amore di Mimì e di Rodolfo, autentico capolavoro di Puccini. Va detto subito che la Bohème messa in scena al Ponchielli è stata di buon livello sia musicalmente (l’orchestra ben diretta da Giampaolo Bisanti) che vocalmente (Mimì e Rodolfo molto meglio dopo il primo atto) ed il pubblico ha mostrato di gradire anche la trasposizione temporale che Leo Muscato ha fatto portandola nella rivoluzione mancata del Novecento. Con una eccezione: il secondo quadro al Quartiere Latino e “Chez Momus”, eccessivamente confuso e troppo ricercato con un tono, un’ambientazione ed un taglio più da musical che da opera lirica.
Ovviamente, come sempre accade in questi casi, la Bohème sessantottina avrà fatto storcere il naso ai melomani tradizionalisti anche se, tutto sommato, la storia (bohémienne e studenti del Movimento per certi versi possono sembrare assimilabili, quanto meno nella ricerca dell’utopia rivoluzionaria) e quanto messo in scena hanno sicuramente attratto il numeroso ed attento pubblico della prima della stagione operistica.

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