Cronaca

La storica Chiesa di San Carlo finisce in vendita su Ebay

Foto Sessa

“Vendesi antica chiesa nel centro storico di Cremona avente una superficie coperta di 600 mq. Altezze interne: Min. 13, Max 16 m. L”immobile necessita di lavori di restauro ad eccezione del tetto appena rifatto”.  L’annuncio è comparso ieri su Ebay (attraverso immobiliare.it) dove sono presenti anche le foto della chiesa. Si tratta di San Carlo e Donnino di via Bissolati (di fronte all’ex caserma Manfredini). Sull’annuncio è indicato anche il prezzo 250mila euro, poco più di un bilocale. La proposta prevede la possibilità di riutilizzo come immobile commerciale, showroom e openspace.

Fino a qualche anno fa la chiesa era di proprietà della parrocchia di Sant’Ilario, poi acquistata dalla Fondazione Moreni che aveva in animo di riutilizzarla, tant’è che il tetto è stato rifatto. Ora la vendita su Ebay. Un fatto sconcertante se si tiene conto dell’importanza anche storica della chiesa.

Il tempio è infatti antichissimo. Venne eretto nella seconda metà dell’undicesimo secolo, di fronte al porto cittadino sul Po (che scorreva vicino all’attuale via Massarotti) ed era originariamente dedicata a San Donnino. Nel 1612 venne ricostruita e dedicata anche a San Carlo Borromeo. Venne chiusa al culto nel 1788, riaperta poi al culto come sussidiaria di Sant’Ilario, è stata definitivamente abbandonata negli anni sessanta divenendo magazzino della Caritas cremonese. L’antico ciboio in legno dell’altare maggiore venne depositato prima a San’Ilario, poi al Museo civico.

Adesso la vendita sul web ad un prezzo sconcertante. Davvero Cremona e le sue istituzioni (Comune in prima fila) possono permettersi di perdere questa testimonianza artistica e di tradizione?

LA STORIA

La chiesa di San Carlo ha davvero una storia sfortunata. La messa in vendita online è l’ultima offesa a questo monumento segnato pesantemente dal tempo e dall’ incuria degli uomini ma che conserva una grande bellezza ed una struttura architettonica rilevantissima.  L’ultima volta che è stato possibile entrare nel tempio, abbiamo notato una chiesa completamente spogliata ma armonica, con la scansione delle cappelle laterali che ancora hanno tracce di affreschi e decorazioni barocche.
La chiesa è stata saccheggiata per decenni. Oltre gli scranni del coro e gli arredi degli altari (solo il reliquiario di San Carlo è sopravvissuto allo scempio), è sparito l’intero pulpito sulla parete destra della navata, quella esposta a nord, incastonato alla sommità di una lesena che si è in seguito sbriciolata. Su una parete un cartiglio dipinto ricorda un restauro del 1764 realizzato dalla Compagnia degli Officianti per farne il proprio sacello.

La chiesa di San Carlo è sopravvissuta a tutto questo, nonostante gli uomini. Anni fa le madri canossiane dell’attiguo convento-scuola (diventato uno splendido condominio con accesso da via Ruggero Manna)  avrebbero voluto farne una palestra. Poi crollò la palla del campanile e il timore di altri crolli bloccò ogni idea al riguardo. Divenne così magazzino della Caritas. Così la descrive nel maggio del 1981 Italia Nostra: “Nella navata della chiesa si accumula il più incredibile relitto che sia mai venuto ad arenarsi sulle spiagge senza frangenti del cremonese: reti metalliche da letto, materassi, tubi di stufa, stufe, reliquati d’organo, tavoli, scarpe da prete, borse, biciclette, carrozzine per bambini e scatoloni, scatoloni pieni di vestiti, montagne di scatoloni che danno disordinatamente la scalata alle volte. Il tutto immerso in un greve, ammorbante odore di cesso. E’ il guano dei colombi: hanno eletto la chiesa a loro universo: vi si accoppiano, vi nidificano, vi depongono uova ed escrementi, vi muoiono infine a decine. Lo strato di guano che copre a grandi chiazze irregolari le carabattole ammucchiate deve essere quintali: in certi punti dove il pavimento è libero da impedimenti si cammina sopra l’elastico terreno di un bosco. Qua e là il pavimento si fonda in vasti avvallamenti inquietanti e si apre in precipizi più stretti e profondi. Nelle cappelle le ancone in legno degli altari, private delle tele che portavano, inquadrano pezzi di muro lebbroso: sulle pareti i lunghi filamenti neri dei piovaschi mescolano la loro rigidità gravitazionale con le decorazioni neoclassiche. E’ ancora in piedi l’altare maggiore, ma l’organo, ormai privato delle canne, mostra solo occhiaie vuote, sono uscite dai supporti le colonnine di legno dell’elegante coro e si inclinano sghembe, appese ad un solo cardine, le ante che custodivano gli arredi. Trionfale (e incredibile) infine, nell’abside, sotto volte percorse da vaste crepe allarmanti, la grande tela dell’altare maggiore con dipinta l’Annunciata: uno squarcio netto la fende verso il basso”. Ora quella pala, fortunatamente, è depositata al museo civico.

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