Riforme e democrazia Pizzetti, Bordo, Toninelli a confronto
foto Sessa
Si è parlato di riforma del Senato, revisione Costituzione, legge elettorale e – almeno per qualcuno – rischi per la democrazia, in sala Zanoni, per iniziativa dell’associazione 25Aprile, insieme ai deputati Franco Bordo (Sel) e Danilo Toninelli (M5S) e al senatore Luciano Pizzetti (Pd), oltre all’avvocato Felice Besostri – probabile prossimo membro di Corte Costituzionale – il ‘padre’ del ricorso dal quale è scaturita la sentenza di incostituzionalità del ‘Porcellum’. Una sorte che potrebbe capitare anche all’Italicum, da poco approvato dal parlamento, una legge contro cui lo stesso costituzionalista ha pronto un ricorso di 130 pagine che motiva i numeri punti critici sempre in materia di rispetto della Carta. Con il suo intervento, introdotto da Piergiorgio Bergonzi, si è aperto il dibattito su temi in apparenza lontani dalla vita reale, ma in realtà fondamentali per andare alla radice dei nodi più delicati di questa fase storica quali lavoro, immigrazione, regole democratiche. Come sottolineato da Toninelli, “la legge elettorale non è un tema popolare, ma è la porta d’ingresso per il Parlamento e quindi per le poltrone dove si prendono le decisioni. E’ li dove nascono le leggi che si giocano le scelte, se a suo tempo chi sedeva in Parlamento non avesse votato cose come il fiscal compact, oggi forse i nostri spazi di democrazia sarebbero migliori e così pure i servizi pubblici”. E questo – ha aggiunto Toninelli, non è il momento storico migliore per passare al monocameralismo: “La legge ‘bavaglio’ che il centrodestra avrebbe voluto, avrebbe impedito che si scoperchiassero casi come lo scandalo del Mose, fino a quello di Roma Capitale. Il contesto politico nel quale ci troviamo non suggerisce certo l’opportunità di abolire una Camera. Chi afferma che il parlamento italiano è il più lento a fare le leggi dice una cosa tecnicamente falsa, perchè in Italia si producono il doppio delle leggi che si fanno in Francia o Gran Bretagna. Semmai da noi c’è il problema di un eccesso di leggi che poi entrano in contrasto tra loro provocando il venir meno della certezza del diritto”.
Franco Bordo rappresenta un partito “che ritiene senz’altro necessaria una riforma degli assetti istituzionali, ma per farla serve saggezza”. La proposta di Sel è quella di affidare al nuovo Senato alcune funzioni legislative che dalla riforma attuale sarebbero escluse, per mantenere un contrappeso al ruolo del Governo che uscirebbe troppo rafforzato. E soprattutto dovrà restare un Senato elettivo. Secondo Bordo il combinato tra Italicum e riforma costituzionale “non assicura più il necessario indirizzo al Governo da parte del Parlamento e il controllo degli organi di garanzia” e produce una “forte torsione democratica”.
Un pericolo decisamente negato da Luciano Pizzetti, che pure manifesta spirito critico verso entrambe le modifiche (parlamento e legge elettorale), “nessuna riforma è perfetta”. Su quest’ultima – ha detto – il Governo sottoporrà l’Italicum alla Consulta per una valutazione preventiva su quelli che possono essere gli elementi di incostituzionalità, “e contiamo che il parere giunga prima del deposito del ricorso”. Ha comunque difeso gli elementi correttivi all’impostazione iniziale della legge, pur ravvisando delle criticità rispetto ad esempio al meccanismo del premio di maggioranza che rischia di mandare in parlamento candidati che hanno preso meno voti di altri, che invece restano esclusi. Potrebbe in altri termini realizzarsi il caso per cui la lista vincente porta in Parlamento chi effettivamente è stato più votato, mentre chi perde porterebbe solo i ‘nominati’ dai partiti, circostanze che produrrebbero “minoranze stabii e al contrario maggioranza meno stabile, come si vede d’altronde nello stesso gruppo Pd”. “Sarei invece molto più cauto – ha detto Pizzetti – nel paventare il rischio di un vulnus democratico. Se ci fosse stata più disponibilità al confronto, alcune criticità si sarebbero potute correggere, ad esempio proprio sul tema dei ‘nominati’”. Ma, aggiunge, che di riforme ci sia assoluto bisogno è un dato di fatto rafforzato da una crisi economica che non ha precedenti negli ultimi due secoli e che rischia di produrre- quella sì – una crisi sociale e delle istituzioni democratiche. Per questo è urgente e necessario creare le condizioni per una tenuta sociale, attraverso provvedimenti di natura economica e il superamento della staticità delle istituzioni. Tenendo presente – ha aggiunto il senatore – i tre pilastri della democrazia, che sono “rappresentanza, decisione, partecipazione”. Su quest’ultimo punto, “per me il più importante”, Pizzetti ha ricordato che la riforma dell’istituto referendario consentirà di rapportare il quorum che ne sancisce la validità all’affluenza registratasi nelle elezioni politiche immediatamente precedenti e non all’attuale “50%+1” che oggi appare irraggiungibile anche nella più ottimistica delle previsioni.
Quanto alle accuse di derive autoritarie nell’applicazione del monocameralismo, Pizzetti ha ricordato come in Europa siano 15 gli Stati con una sola Camera e dei 13 con parlamento bicamerale solo in rari casi la seconda Camera è ad elezione popolare.
g.biagi
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