Cronaca

Indagine della guardia di finanza: imposte non versate per 20 milioni, multinazionale tedesca 'concilia' con il fisco

AGGIORNAMENTO – Un’indagine del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Cremona ha consentito di far tornare al fisco italiano la consistente somma di 20 milioni di euro, corrispondenti alle tasse non versate per diversi anni da una multinazionale tedesca con stabilimenti in varie zone d’Italia tra cui la provincia cremonese. L’azienda, Evonik Degussa International Ag (con una sede nel Cremasco) attiva nel settore chimico, ha da poco ultimato il versamento comprendente anche le sanzioni, aderendo ad una ‘conciliazione’, concordata con le fiamme gialle cremonesi e l’Agenzia delle entrate di Milano, che metterà al sicuro gli obblighi tributari per i prossimi cinque anni, si legge in una nota della gdf di Cremona,  “mediante la procedura del ruling internazionale, un istituto che garantisce trasparenza e certezza nei rapporti con il Fisco e riduce il rischio di doppie imposizioni internazionali, aspetto non trascurabile per la multinazionale tedesca che opera anche in altri Paesi dell’Unione europea”.

I fatti risalgono al 2008, quando la multinazionale tedesca aveva dato luogo a una riorganizzazione societaria, mediante la fusione di alcune aziende italiane, di cui una cremonese, che aveva comportato anche lo spostamento della tassazione degli utili dall’Italia alla Germania. In particolare, sebbene la produzione fosse rimasta in Italia, la cessione del “ramo commerciale” italiano a una neocostituita società svizzera aveva comportato che i ricavi derivanti dalla vendita di tali prodotti sarebbero stati contabilizzati dalla multinazionale tedesca. Le indagini delle fiamme gialle, avviate nel giugno 2012, hanno tuttavia dimostrato che l’operazione societaria straordinaria aveva modificato soltanto formalmente la struttura operativa e che la società aveva continuato ad operare sul territorio nazionale con le stesse modalità pre-fusione. Lo stabilimento cremonese aveva infatti continuato a vendere i prodotti ai clienti italiani attraverso la rete commerciale preesistente, per cui il riordino societario non aveva modificato in concreto la realtà aziendale. I 29 dipendenti che costituivano la struttura deputata alla vendita erano stati solo formalmente trasferiti alla società svizzera poiché continuavano ad operare sul territorio nazionale con contratti  di “home office”, cioè con postazioni lavorative presso le rispettive abitazioni nelle province di Milano, Cremona, Pavia, Genova e Ravenna. In questo modo il fatturato delle vendite (per oltre 900 milioni di euro) era stato trasferito in Germania e sottratto alla tassazione in Italia.

A giugno scorso, terminate le attività ispettive, il nucleo di polizia tributaria di Cremona ha accertato che dal 2008 al 2012 l’azienda tedesca ha omesso di dichiarare al fisco italiano utili per circa 90 milioni, sui quali sarebbero poi state calcolate le imposte da versare. Nella successiva fase di accertamento avviata in contraddittorio con la Direzione regionale delle entrate di Milano, l’azienda tedesca ha deciso di aderire alle contestazioni e di pagare all’Erario le imposte, le sanzioni e gli interessi dovuti. L’istituto giuridico dell’“adesione” (artt. 5 bis e 6 del D.Lgs. 218 del 1997) consente al contribuente di definire la propria posizione versando sanzioni ridotte, a patto però di pagare in tempi brevi le maggiori imposte e le altre somme dovute, evitando così anche all’amministrazione fiscale l’onere del contenzioso.

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