Inceneritore, sindaco frena ecologisti Problema Sblocca Italia e rifiuti speciali
foto Sessa
E’ un dossier, realizzato da AmbienteScienze e CreaFuturo insieme ad altre associazioni, a raccontarci per quale motivo l’inceneritore di Cremona va spento e quali sono le alternative. Lo hanno spiegato le due associazioni sabato scorso in un incontro a SpazioComune, all’indomani dell’incontro tecnico, svoltosi all’interno dell’impianto di San Rocco di proprietà Lgh. A quell’incontro erano presenti oltre al Comune di Cremona, i tecnici della Regione e quelli di Lgh. Niente è filtrato rispetto a delle pur parziali valutazioni sul futuro dell’impianto cremonese, che l’amministrazione Galimberti in campagna elettorale aveva detto di intendere spegnere nel giro di un triennio.
L’ENTUSIASMO DELLE ASSOCIAZIONI – Nell’incontro delle associazioni ambientaliste, invece, molto è stato detto. “Il decommissioning dell’inceneritore – ha spiegato l’ingegnere Giancarlo Rovigatti di Creafuturo nel presentare il documento – sta nelle mani dei poteri forti, tra cui anche il nostro attuale sindaco, che ha una percentuale decisionale in Lgh”. Secondo il dossier, l’inceneritore sta già lavorando al massimo delle sue possibilità, sulla base di alcuni parametri. A fronte di questo, emerge che esso ha “uno dei rendimenti peggiori in lombardia: solo il 5,6% dell’efficienza elettrica e il 27% di quella termica. E l’energia elettrica che viene prodotta rappresenta soltanto il 3% del fabbisogno cittadino complessivo”. Per quanto riguarda il teleriscaldamento, invece, “l’inceneritore produce il 34% del calore necessario a far funzionare l’impianto -. continua Rovigatti. Per il resto, il teleriscaldamento funziona per il 38% grazie alla centrale termoelettrica e per il 23% con l’ausilio di due caldaie a metano. Solo un 4,8% del calore viene prodotto attraverso la centrale a biomasse”. E qui arriva una prima proposta di soluzione: “Le due caldaie sono sotto-utilizzate e potrebbero coprire l’eventuale spegnimento dell’inceneritore”. C’è poi la questione delle emissioni: secondo il dossier, quello cremonese è l’impianto più inquinante in Lombardia per le polveri sottili, con emissione di ben 1,9 mg al metro cubo. “Per quanto riguarda il particolato, esso produce un inquinamento superiore a quello di 2.000 automobili che attraversano due volte al giorno la città di Cremona” conclude Rovigatti.
L’ingegner Dario Faccini di Ambientescienze ha poi spiegato quali possono essere le alternative all’impianto: “Intanto ricordiamo che uno spegnimento immediato dell’inceneritore potrebbe essere coperto, per quanto riguarda la produzione di calore, da una caldaia a metano di soccorso, già esistente, proprio per eventuali situazioni di emergenza”. Una seconda alternativa potrebbe prevedere, sempre secondo il dossier, di sostituire completamente l’inceneritore con la caldaia a metano attualmente utilizzata per le emergenze, “potenziandola attraverso un investimento di soli 750mila euro, che avrebbero un impatto minimo sul bilancio di Lgh” spiega ancora Faccini. “Il termocombustore potrebbe invece prendere il posto della caldaia di soccorso, ed essere utilizzato quindi per le emergenze”.
Ma come risolvere il problema dello smaltimento rifiuti? “Innanzitutto si aumenta la raccolta differenziata e quindi si riducono i rifiuti da smaltire. Accanto a questo, comunque, esiste già un fenomeno di riduzione nella produzione di rifiuti, che gioca a favore dello spegnimento”. Ma a fare la differenza, sarebbe “l’introduzione del trattamento meccanico biologico, che consente di ridurre ulteriormente il numero di rifiuti indifferenziati, recuperando altro materiale da riciclare e con un residuo minimo, che potrebbe poi essere tranquillamente smaltito in discarica”.
“L’inceneritore di Cremona – si legge nel dossier – potrebbe essere fermato senza particolari problemi immediati per la rete di teleriscaldamento e, probabilmente, senza alcuna necessità di interventi significativi a medio termine. A lungo termine, potrebbe essere agevolmente sostituito da una caldaia a gas di pari potenza, con una spesa piuttosto contenuta. Infatti – spiegano gli analisti – la produzione di calore per la rete di teleriscaldamento è garantita per il circa 70% (2013) dalla centrale cogenerativa CTEC e dall’inceneritore. Singolarmente, ciascuno dei due impianti rappresenta solo il 10% della potenza termica installata a Cremona, ma fornisce ben più del 30% del fabbisogno complessivo. E’ interessante osservare come tutte le altre centrali a servizio del teleriscaldamento (le caldaie cittadine, la centrale a biomasse e le numerose centrali di riserva) che rappresentano il restante 80% della capacità generativa termica, producano quindi solo circa il 30% del fabbisogno di calore. Dall’incrocio dei dati di potenza e produzione disponibili per il funzionamento della centrale CTEC e delle varie caldaie a servizio della rete di teleriscaldamento, emerge il forte sospetto che ci sia una sovracapacità produttiva rispetto al fabbisogno, probabilmente derivante dal sovradimensionamento strategico per futuri estensioni del servizio.
“Per le emergenze, sullo stesso sito su cui sorge l’impianto di incenerimento, è già installata ed operativa una caldaia da 14MWt che può garantire una produzione termica pari a quella combinata di entrambe le linee del combustore. Si tratta di verificare quindi, sul piano tecnico-finanziario, se tale caldaia può essere utilizzata in regime continuo a sostituzione dell’inceneritore.
“LGH potrebbe poi valutare la possibilità di non dismettere in toto il combustore, mantenendolo di scorta, con sola alimentazione a metano, per sopperire ad eventuali fermi improvvisi della caldaia al punto precedente. In tal modo verrebbe mantenuto anche il piano di ammortamento dell’impianto. Se tutte le opzioni precedenti fossero impraticabili, la sostituzione del calore prodotto dall’inceneritore con una caldaia di pari potenza (14MW) avrebbe un costo veramente contenuto: circa 750.000€, installata e pronta all’uso. Una cifra che rapportata al bilancio Lgh nel 2013 ne rappresenta solo lo 0,1% dei ricavi e lo 0,8% del MOL (Margine Operativo Lordo)” (scarica qui il dossier completo).
LA CAUTELA DI GALIMBERTI – A tutto questo il sindaco Gianluca Galimberti, presente durante l’illustrazione del documento, risponde con una piccola frenata: “Vi sono delle cose che richiedono degli approfondimenti, anche a fronte del fatto che i dati del dossier non collimano con quelli in nostro possesso, soprattutto per quanto riguarda le emissioni. Inoltre i problemi vanno esaminati in un contesto regionale e nazionale, in cui abbiamo le nuove normative del Governo sulla rete degli inceneritori, che introducono novità non del tutto positive, come il rischio di dover fare i conti non solo con i rifiuti da noi prodotti, ma anche con quelli provenienti da altre parti d’Italia. Inoltre la normativa europea chiederà agli impianti standard sempre più stringenti. In ogni caso il nostro obiettivo è di aumentare del 10-15% la differenziata nel 2015, in modo da arrivare il prossimo anno al 70%. Ma per quanto si possa ridurre, restano i rifiuti speciali, che nella nostra provincia sono moltissimi e che comunque vanno smaltiti. Altre valutazioni vanno fatte sull’aspetto economico-finanziario: l’impianto, che negli ultimi anni ha subito diversi interventi di ammodernamento e miglioramento, deve essere ammortizzato. Bisogna dunque capire quanto costeranno i prossimi interventi e quanto costa mantenere l’impianto. Insomma, vi sono una serie di valutazioni tecniche da fare per decidere la fattibilità del decommissioning”.
“Una delle considerazioni fondamentali – ha detto il sindaco – è che, se ho un piano industriale che ha bisogno di rifiuti, è chiaro che non ho l’input alla diminuzione. Vuol dire che definire le politiche di smaltimento dei rifiuti significa definire anche la produzione. Stiamo insomma parlando di un piano di sviluppo, e ricordo che Lgh non è di proprietà del Comune di Cremona, ma è una holding di cinque territori”.
Galimberti ha poi fornito un aggiornamento sui dati di attività del termocombustore: limite tecnico di 70 mila tonnellate annue sulla base delle tipologie di rifiuti ora bruciate; due linee attive di cui una ha 17 anni, l’altra 14. Dal primo gennaio 2015 l’inceneritore sta funzionando con una linea sola, dato che l’altra è oggetto di lavori ad un camino. “Portare la racclta differenziata al 70% entro la fine del 2016 significa fare un lavoro lungo e silenzioso lavoro di preparazione che l’amministrazione sta facendo, e un lavoro intenso di sensibilizzazione tra i cittadini. Il vincolo è quello di aumentare la raccolta differenziata senza rendere i costi insostenibili. Con questo obiettivo di raccolta differenziata, è chiaro che diminuisce ancora di più il fabbisogno dell’inceneritore. Anche se restano le incognite dell’articolo 35 dello Sblocca Italia e la questione di dove smaltire i rifiuti speciali”. Quanto agli aspetti economici, “ogni impianto ha un ammortamento che cresce con gli investimenti che vengono di volta in volta fatti sull’impianto. Tanto è stato investito negli ultimi anni sull’inceneritore di Cremona. Ciò che è fondamentale è sapere quanto costerebbero gli interventi sull’inceneritore da qui ai prossimi 6-7 anni, anche alla luce di quel quadro europeo che chiede standard sempre più stringenti”.
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