Cronaca

Quel nome annotato sul cappello Flebile traccia due anni dopo la scomparsa di Angelo Faliva

Il 25 novembre di due anni fa spariva a Cartagena, in Colombia, Angelo Faliva, primo cuoco della nave da crociera “Coral Princess”. Da allora nessuna notizia, nessuna speranza, nessun riscontro obiettivo. Una sparizione stranissima che all’inizio della vicenda ha fatto muovere giornali e televisioni. Poi il nulla. Soltanto la tenacia della sorella Chiara e della sua famiglia cremonese con Roberto, storico fotoreporter di tanti giornali, un papà che non si è mai rassegnato a far calare la notte dell’oblio su suo figlio. E questa tenacia sembra produrre qualche effetto. La versione online del “Corriere della Sera” pubblica un’inchiesta di Guido Olimpio sulla vicenda, uno dei migliori giornalisti investigativi italiani. Olimpio si è occupato di terrorismo, di estremismo islamico, di mafia. E’ una delle firme di punta della testata. Si è messo anche lui in caccia per cercare, per capire, per ricordare. E dal suo lavoro paziente emergono particolari finora sfuggiti sulla scomparsa di Angelo: un nome annotato in un cappello da cuoco, alcune nuove testimonianze, l’intrusione nel suo portatile, i silenzi di troppe persone che erano a bordo.

Olimpio scrive del “Capilla del Mar”, hotel di Cartagena (città dove era diretta la nave da crociera al momento della sparizione) il cui nome è segnato nel cappello da chef. Albergo presente nell’ultima ricerca a computer fatta dal 31enne Angelo Faliva prima della sua scomparsa il 25 novembre 2009. Alle 20,15 lascia il tavolo al quale si trova con altre persone. E’ di turno fino alle 22, si legge nell’articolo, ma nessuno sembra fare caso all’assenza. Solamente dopo 40 minuti, il compagno di cabina italiano, A.P., avvisa uno chef filippino, responsabile delle cucine e protagonista di un litigio con Angelo qualche giorno prima. Nessun allarme, però, viene lanciato. La mobilitazione è tutt’altro che rapida: arriva solo alle 9 del mattino successivo. Tardi per cercare in mare. Olimpio ricorda la poca attendibilità di testimonianze che parlano di Angelo sul ponte della nave il 26 e le voci che vengono fatte girare circa un possibile suicidio. Impossibile per la famiglia.

L’indagine è nelle mani della polizia delle Bermuda (dove la nave è registrata). Scarsa la preparazione di chi deve investigare. La sorella Chiara si muove e riesce recuperare il portatile del fratello. E si scopre, con una perizia, che qualcuno, dopo la scomparsa di Angelo, ha più volte avuto accesso al computer, stampando documenti, cancellando e scaricando file, email. Come quei messaggi inviati da un non precisato “Tony”. Olimpio scrive sul Corriere delle telefonate anonime ricevute da Chiara sei mesi dopo la scomparsa di Angelo. In inglese, con accento dell’Est, le parlano di omicidio. Forse Angelo ha visto qualcosa di strano: Chiara sospetta una sparizione legata a questa possibilità. Si parla di traffici di droga.

La famiglia trova comunque poca collaborazione. Il compagno di cabina di Angelo dice di non aver lanciato l’allarme ai superiori non vedendo rientrare il cremonese nella notte perché lo pensava in discoteca. Ma Angelo era vestito da cuoco. Olimpio scrive ancora del “Capilla del Mar”. Forse il nome è stato segnato sul cappello da chef dopo una telefonata, in mancanza di un foglio di carta. In quell’albergo, tuttavia, il ragazzo non ci è arrivato.

 

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