Cronaca

L'INCHIESTA DI CREMONA OGGI Rito di 'ndrangheta in provincia, quando i boss dicevano: 'Ce ne sono sette o otto'

Di quella che secondo gli investigatori che l’hanno analizzata è stata una riunione svolta per celebrare un rito di ‘ndrangheta in provincia di Cremona, qualche anno fa, è rimasta traccia in un’intercettazione. La voce di due uomini. Vincenzo Mandalari e Pietro Francesco Panetta. La conversazione dura diversi minuti. Un accenno a tale conversazione è contenuto nell’ordinanza e nelle successive sentenze della maxi-operazione milanese “Infinito” condotta nel 2010 contro la mafia calabrese in Lombardia (il processo è già passato per la Cassazione, con un centinaio di condanne, per il filone celebrato con rito abbreviato, mentre sono una quarantina le condanne confermate in Appello con rito ordinario). Cremona Oggi divulga ora il testo completo di quell’intercettazione, menzionata con il codice progressivo 2618 nelle pagine ormai per la gran parte ampiamente note dell’ordinanza e delle sentenze in cui però compare solo la frase “abbiamo fatto l’operato anche là”, riportata dagli inquirenti per spiegare una riunione nei pressi di Casalmaggiore, a Gussola, e inquadrarla come cerimonia di ‘ndrangheta.

La conversazione integrale dell’intercettazione con codice 2618, un tassello in più per comprendere la dinamica delle cosche degli ultimi anni, è presente in una delle migliaia di pagine degli atti della Direzione distrettuale antimafia di Milano. E’ stata captata a partire dalle 7,43 del mattino del 3 marzo 2009. A parlare sono, come detto, Mandalari e Panetta. Il primo è il noto numero uno del “locale” di ‘ndrangheta (struttura organizzata in gergo mafioso, ndr) di Bollate (Milano), “locale” legato ai territori di Guardavalle (Catanzaro) e Rosarno (Reggio Calabria) per le origini dei membri. Il secondo è ritenuto il capo del “locale” ‘ndranghetista di Cormano (Milano), legato principalmente al territorio di Grotteria (Reggio Calabria). Secondo gli investigatori quell’intercettazione chiarisce la trasferta in territorio cremonese del 28 febbraio 2009 di diversi soggetti, per lo più indicati come membri del “locale” di Cormano. Una presenza (“si sono recati in provincia di Cremona e precisamente in località Gussola, nei pressi di Casalmaggiore”, scrivono gli investigatori) ricostruita dall’intreccio di intercettazioni e celle telefoniche agganciate da cellulari. Questo è quello che si dicono Mandalari e Panetta la mattina del 3 marzo 2009 (“inc.” sta per parte incomprensibile ed è citata solo Casalmaggiore evidentemente per semplificazione attuata da Panetta).

Mandalari: “Lui dice che ci sono paesani suoi che rispondono tutti direttamente laggiù. Poi gli chiedo meglio. A meno che non fa confusione con quelli di Novara… perché questi di Novara sono di Grotteria?”.
Panetta: “No! Della Marina! Di Rocco Aquino”.
Mandalari: “Che non stia facendo confusione con quelli”.
Panetta: “inc. perché se c’erano questi qua… gli dici: Cenzo, vedi che come Locale sono una ‘ndrina distaccata di Novara e Panetta praticamente ha partecipato quattro volte ad alcune cose loro. Per fino l’altra sera andammo da coso a Reggio Emilia… a come si chiama, a… Casalmaggiore. Ce ne sono sette o otto la… e abbiamo fatto l’operato anche la inc.”.
Mandalari: “E le cariche quali sono?”.
Panetta: “Da giù. L’Aquino, inc. Aquino porta, no Rocco, no Ciccio e no Cola, per quanto riguarda fino a… Rispoli, dopo quel fatto della Provincia. inc.”.
Mandalari: “Per quello che sapevamo noi!?”.
Panetta: “Certo! Quello che sapevamo noi!”.
Mandalari: “Quelli vecchi”.

Annotano gli investigatori: “La frase ‘abbiamo fatto l’operato anche là’ permette di stabilire innanzitutto il motivo del viaggio, segnatamente fare un operato, cioè concedere una dote, una carica ad un affiliato di ‘ndrangheta. Panetta spiega anche che il locale di Novara, anzi è in realtà una ‘ndrina (più ‘ndrine, ovvero più raggruppamenti ognuno dei quali caratterizzato solitamente al suo interno da legami familiari, formano un ‘locale’, ndr), ha un filo diretto con il locale di Marina di Gioiosa Ionica (in provincia di Reggio Calabria, ndr) e che viene gestita direttamente da giù, da Aquino Rocco (boss degli Aquino di Marina di Gioiosa Ionica, ndr)”.

Un operato, quindi. Ossia l’assegnazione di un grado a un affiliato, che prevede, nella prassi ‘ndranghetista, un determinato rito. Questa spiegazione ha retto alla valutazione di diversi giudici. E, come appreso da Cremona Oggi, è presente anche nelle motivazioni del processo di primo grado del filone celebrato con rito ordinario – sostanzialmente confermato in Appello a giugno di quest’anno, lievi riduzioni di pena – sebbene quel processo non riguardi nessuno dei soggetti ritenuti coinvolti nella riunione in terra cremonese e nell’intercettazione pubblicata in quest’articolo (tutti questi soggetti, tranne un personaggio marginale per il quale non si è proceduto alla luce degli elementi a disposizione, sono stati giudicati nell’altro filone celebrato con rito abbreviato e già passato sempre nel giugno di quest’anno in Cassazione, dove uno di loro, tale Rocco Coluccio, ha ottenuto un annullamento della condanna, con rinvio: processo da rifare ripartendo dalla Corte d’Appello), le motivazioni in questione richiamano l’incontro in provincia di Cremona per inquadrare la situazione di cui si è occupata l’inchiesta e spiegano che i “sette o otto” a cui si fa riferimento nell’intercettazione sarebbero degli affiliati, legati a una ‘ndrina distaccata di Novara; in un passaggio molto articolato a pagina 190 si parla di cerimonie per il conferimento di doti e si cita la conversazione tra Mandalari e Panetta con il riferimento all’operato del Casalasco: “Il secondo, dopo avere precisato che quelli di Novara sono ‘della Marina’ e rispondono ad Aquino Rocco e non sono di Grotteria, come aveva detto Mandalari, racconta di essere stato ‘altra sera’ a Reggio Emilia, anzi a ‘Casalmaggiore’, lì ci sarebbero sette o otto affiliati, collegati ad una ‘ndrina distaccata di Novara, dove ‘abbiamo fatto l’operato'”.

Non è chiaro chi, di preciso, abbia ricevuto il nuovo grado nel Casalasco. E nemmeno se quei “sette o otto” a quel tempo abbiano davvero avuto domicilio in provincia oppure se si parlasse di uomini residenti altrove ma con raggio d’azione o con appoggi nel nostro territorio (tradizionalmente incluso nell’area della ‘ndrangheta crotonese con basi in Emilia). Quel che appare ormai certo è il raduno nel Casalasco di diversi soggetti provenienti dall’hinterland milanese, spiegato nell’intercettazione con la frase “abbiamo fatto l’operato anche là”. Soggetti che potrebbero aver incontrato quei “sette o otto”, come sembra, e potrebbero aver scelto questa zona per vedersi anche con altre figure lontani da occhi indiscreti in un luogo (non è chiaro l’indirizzo) disponibile (magari solo momentaneamente) per l’occasione. Sfruttando l’apparente tranquillità del territorio.

Michele Ferro
redazione@cremonaoggi.it

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