Cronaca

Derubarono prof di 100 mila euro, badante e complice condannati

Tre anni, sei mesi e 1.500 euro di multa. Questa la condanna emessa dal giudice Francesco Sora per ciascuno dei due imputati accusati del furto di cinque assegni bancari rubati dall’abitazione di Esterina Bertani, 92 anni all’epoca dei fatti, nel frattempo deceduta. Entrambi dovevano rispondere di furto, falsità in scrittura privata e falsificazione di titoli di credito. Dunque tre anni e sei mesi a Domenico Bevilacqua, 39 anni, e tre anni e sei mesi a Mariya Martsinovska, 53 anni, ucraina. Per ciascuno dei due, il pm onorario Silvia Manfredi aveva chiesto la condanna a due anni di reclusione. Il giudice ha anche condannato gli imputati a versare 70.000 euro di risarcimento alla parte civile, rappresentata dall’avvocato Cristiana Speroni per conto dei quattro figli dell’anziana.

La vittima del furto, insegnante di Stenografia e vedova del senatore Dc Giovanni Lombardi, era stata derubata nel 2009 nella sua abitazione di via Ruggero Manna per un ammontare di 100.630 euro. Secondo l’accusa, Bevilacqua e la Martsinovska, che faceva la badante in casa dell’anziana, avevano sottratto gli assegni che avevano compilato con l’importo e la firma falsa della Bertani, ponendoli all’incasso presso due istituti di credito piacentini su conti correnti intestati all’imputato. Alla fine di marzo del 2009, quando la Bertani aveva ricevuto l’estratto conto, non aveva riconosciuto un addebito di 25.000 euro apparentemente firmato da lei e intestato a Bevilacqua, soggetto che la donna ha sempre sostenuto di non conoscere. Risultato: blocco del conto e accertamenti da parte del figlio dell’anziana e dell’addetto della banca che ha sempre assistito la vittima in tutte le operazioni, data l’età avanzata e un grave difetto di vista.

Per l’accusa, l’assegno era “palesemente falso” e “con grafia certamente non attribuibile” alla donna, in quanto compilato da una mano ferma che non poteva certo essere quello dell’anziana, non in condizioni di poter compilare un assegno. A confermarlo, oggi in aula, è stato il perito grafico Patrizia Zenzolo, nominata dal giudice Sora in merito all’autenticità o meno delle firme sugli assegni. Per il perito, “le firme sono attribuibili a Domenico Bevilacqua”. Stesso risultato a cui è giunta anche Cinzia Altieri, consulente di parte civile. In banca, inoltre, si sapeva che la Bertani, in oltre 40 anni di rapporto con l’istituto di credito, non aveva mai tratto assegni per importi così rilevanti. Sempre secondo l’accusa, chi aveva utilizzato gli assegni era a conoscenza della giacenza effettiva del conto. Era stata la vittima, il 9 aprile del 2009, a sporgere denuncia presso gli uffici della procura di Cremona.

Nel processo ci sono stati diversi colpi di scena: a partire dalla testimonianza di Maurizio, dal 2006 al 2012 portinaio di palazzo Manna, che aveva tentato di scagionare gli imputati sostenendo che i soldi, la signora Bertani li aveva dati a lui come donazione per averla aiutata dopo la morte del marito.  Maurizio aveva ammesso di conoscere Domenico Bevilacqua, “siamo amici da dieci anni”, e di avere avuto dei problemi economici di cui, a suo dire, la signora Bertani era a conoscenza. “Quegli assegni, però”, aveva spiegato il teste, “non li potevo intestare a me stesso perché in banca ha il conto anche mio padre e non volevo far sapere che la signora mi aveva donato dei soldi, così ho chiesto a Bevilacqua di essere beneficiario di quegli assegni al mio posto”. Secondo quanto raccontato dal teste, quei tre assegni di 70.000, 25.000 e 3.890 euro sarebbero stati firmati dalla Bertani nella casa del portinaio in due diversi incontri alla presenza di Bevilacqua (gli altri due assegni, dell’importo di 819 e 921 euro ciascuno, erano stati intestati ad una società). “Lei ha compilato solo la cifra e la firma”, aveva sostenuto Maurizio. “Bevilacqua era il beneficiario. E’ stato lui a cambiare i soldi per me e a darmeli in contanti. In questo modo ho pagato tutti i miei debiti”.

Una versione, quella del portinaio, confermata anche oggi dallo stesso Bevilacqua, che ha anche aggiunto di conoscere la badante “solo di vista”, ma smentita dal padre di Maurizio, che in una lettera affermava che la deposizione del figlio era il frutto di una forzatura. Tutto per paura di una persona che avrebbe minacciato il portinaio dicendogli che se avesse cambiato quanto dichiarato avrebbe dovuto allontanarsi da Cremona. Non solo. Nel corso del procedimento è stata prodotta anche una lettera a firma del precedente difensore di Bevilacqua e sottoscritta dall’imputato il 14 aprile del 2009 nella quale Bevilacqua, in contrasto con le dichiarazioni del portinaio, dichiarava di aver ricevuto dalla Bertani un assegno da 25.000 euro a titolo gratuito. L’assegno è proprio uno dei quelli di cui si è discusso a processo.

La ricostruzione dei fatti raccontata dal portinaio e dallo stesso imputato è stata definita dalla parte civile “estremamente fantasiosa”. Per quanto riguarda invece il ruolo che avrebbe giocato la badante, l’avvocato Speroni ha detto che su di lei “c’è la prova logica  perchè era l’unica persona che aveva accesso alla casa e ai documenti”. Per la difesa dell’imputata, invece, “nel corso del processo non è stata provata in alcun modo la responsabilità della Martsinovska che ancora si chiede cosa ci fa in quest’aula. Non ha fatto altro che svogere il suo lavoro assistendo la signora Bertani”.

La motivazione della sentenza sarà depositata entro 90 giorni.

Sara Pizzorni

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