Cronaca

Droga e prostituzione: coinvolta anche guardia giurata, 13 in manette

Sono 13 le persone arrestate al termine di una maxi indagine denominata “Baraonda” portata avanti dai carabinieri di Cremona. L’ordinanza di custodia cautelare riguardava 18 persone. Una è deceduta, 4 sono ancora latitanti. Sequestrati 500 grammi di cocaina pura più altre singole dosi. L’intensa attività è stata illustrata questa mattina in caserma nel corso di una conferenza stampa alla quale, oltre al comandante provinciale, il tenente colonnello Cesare Lenti e il capitano Valentino Iacovacci, ha partecipato anche il procuratore Roberto di Martino.

In stato di arresto, sette italiani, tra cui una donna, e sei stranieri: a capo c’era Gianluca Ferrari, 31 anni, di Soresina, dipendente di una società di sorveglianza con mansioni di antitaccheggio presso un centro commerciale di Cremona. In manette anche una donna, Antonia Demeco, 45 anni, nata ad Isola Capo Rizzuto e  residente a Crotone, di fatto domiciliata a Soresina, e i due figli Antonio, 28 anni, di Crotone, e Gaetano Muccari, 23 anni, nato a Crotone ma residente a Castelleone, di fatto domiciliato a Soresina. Destinatari dell’ordinanza di arresto emessa dal giudice Guido Salvini, anche Massimo Ezzembergher, 39 anni, nato a Vimercate e residente a Trescore Cremasco, Davide Valesi, 39 anni, di Castelleone, Elsayed Abbas Abbas Attia A Boughattas, 30 anni, egiziano domiciliato a Castelleone, Ndue Mhilli, 27 anni, albanese residente a Soresina, Nicola Berlingeri, 59 anni, nato a Mesoraca ma residente a Crotone, di fatto domiciliato a Soresina, Francesco Salvati, 50 anni, nato ad Orzinuovi e residente a Quinzano d’Oglio, Abdelrazek Elbediwi Elbediwi Abdelmoneim, 34 anni, egiziano residente a Soresina, e i marocchini Kalid Aboukir, 32 anni,  e Kamal Nahid, 33 anni.

Per tre degli arrestati,  Ferrari, Demeco e Mhilli, il giudice ha disposto la misura del carcere, mentre nei confronti degli altri i domiciliari nelle rispettive abitazioni.

Per tutti, tranne che per un 38enne romeno, l’accusa è di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Il solo straniero, insieme ad Antonia Demeco, deve rispondere del reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di cittadine straniere.

Per quanto riguarda l’attività di spaccio (si tratta quasi esclusivamente cocaina), i militari hanno spiegato che si è sviluppata tra il 2011 e il  2012 a Soresina e in altre zone della provincia di Cremona e in parte nel bergamasco, soprattutto come zona di rifornimento della sostanza stupefacente. Nel gennaio del 2012 sono state avviate le prime indagini  preliminari, anche  con servizi di osservazione e pedinamento, per verificare l’esistenza di una rete di spaccio attiva a Soresina e facente capo a Gianluca Ferrari, detto Gian. Sono stati quindi disposti servizi di osservazione in prossimità dei locali pubblici di Soresina frequentati abitualmente da Ferrari, dove si aveva motivo di ritenere che avvenissero i contatti  per la cessione degli stupefacenti. Subito sono stati riscontrati una pluralità di contatti, soprattutto nei fine settimana, tra Ferrari e gli acquirenti della droga all’interno dei vari locali, ma anche presso il luogo di lavoro del cremonese. Uno dei clienti, ad esempio, ha raccontato di aver comprato cocaina “di ottima qualità” da Ferrari nell’ordine di un grammo per volta al prezzo di 70 euro. Gli acquisti si protraevano con cadenza settimanale. Successivamente le indagini hanno portato ad individuare i canali attraverso i quali Ferrari si approvvigiona della cocaina per la successiva rivendita a terzi.

Il giudice Salvini

“Il contenuto delle intercettazioni telefoniche”, scrive il giudice Salvini nelle 257 pagine di ordinanza, “è molto chiaro, in quanto gli spacciatori e gli acquirenti, pur utilizzando di norma un linguaggio criptico, nel contesto complessivo appare comunque inequivocabile. E così si può constatare che il numero dei grammi di stupefacente richiesto o ceduto viene indicato come se si trattasse di birre, pizze, caffè, aperitivi ed altre improbabili argomenti come film, fotocopie , biglietti aerei, frittelle, partite di jeans che per il contesto di riferimento appaiono del tutto estranei alle realtà delle conversazioni ed univocamente ricollegabili a situazioni di spaccio”. “Un’altra serie di telefonate che gli interlocutori si affannano a scambiarsi”, si legge nell’ordinanza, “serve a comunicare informazioni circa la disponibilità di denaro o di stupefacente, ricorrendo alle consuete espressioni: mi serve ‘un piacere’; mi serve ‘il solito’;  fai come ‘l’altra volta’;  me ne serve ‘uno buono’; me ne serve ‘uno piccolo’.  Altre volte,  invece, si fa  riferimento a partite di calcio inesistenti:  ‘ieri ha vinto tre a zero’; ‘la partita ieri è  finita quattro a zero’, e in tutti i casi l’interlocutore non chiede mai spiegazioni, intuendo  chiaramente il senso delle allusioni, se non chiedere al cliente  se ‘è a posto’, con riferimento alla disponibilità economica per far fronte ai pagamenti”.

Per il gip Guido Salvini, “non ci si trova davanti ad una struttura associativa, bensì a piccoli gruppi di fornitori e acquirenti- rivenditori impegnati ad operare autonomamente, anche se con frequenti contatti e intersecazioni di attività sul territorio”. Nell’indagine, come scrive il giudice nell’ordinanza, “sono stati individuati una serie di scale discendenti e di intrecci che vanno talvolta dal primo fornitore ad un secondo fornitore all’acquirente-venditore che si rifornisce spesso da più fornitori”.

Per il giudice, “gli elementi di prova raccolti nei confronti degli indagati sono particolarmente solidi, in quanto constano non solo di un gran numero di intercettazioni telefoniche e ambientali, in cui l’interpretazione dell’effettivo oggetto della conversazione non dà luogo a particolari difficoltà, ma di attenti servizi di osservazione e pedinamento, di una serie di sequestri di sostanze stupefacenti parziali e ‘mirati’ effettuati nel corso delle indagini, ma soprattutto di un considerevole numero di sommarie informazioni rese da assuntori, bloccati quasi sempre nell’immediatezza dell’acquisto, che hanno ammesso di essersi rivolti all’uno o all’altro degli indagati”.

Altra importante considerazione, si legge nell’ordinanza, “è rilevabile dagli assidui contatti con i clienti e i frequenti viaggi che gli indagati compiono periodicamente, anche fuori provincia,  allo scopo di acquistare lo stupefacente da spacciare. In tale ottica, eliminato grazie alle intercettazioni il dubbio sull’occasionalità di tali comportamenti, si evidenzia che l’attività di  spaccio deve essere necessariamente definita una redditizia attività ‘a tempo pieno’”.

Non solo detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti: alla Demeco e ad un 38enne romeno è contestato il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione di cittadine straniere, in particolare romene. Nella parte relativa allo spaccio, la Demeco gestiva “una proficua trama con una certa capacità organizzativa, sia pur modesta e rudimentale, senza farsi scrupoli a coinvolgere un minore di 11 anni per portarle nel luogo convenuto, la somma in denaro di 50 euro e due dosi di cocaina”. Nell’altra attività, invece, la Demeco aveva il compito di avvicinare a Soresina alcuni potenziali clienti a cui descriveva le prestazioni delle ragazze, ‘gestite’ dallo straniero. In alcuni occasioni le accompagnava a casa del cliente e riceveva per sé parte del compenso. In altre occasioni accompagnava le ragazze a prostituirsi anche sulle strade in territorio bresciano.

In questo caso, come elementi di prova, il giudice Salvini sottolinea le “numerose conversazioni tra la Demeco e il romeno e tra la donna e i clienti, così come le informazioni rese da tre di questi ultimi che hanno confermato in modo completo lo svolgersi dell’attività di favoreggiamento della prostituzione nei termini che già risultavano in modo inequivoco dalle intercettazioni telefoniche”.

Un plauso al lavoro dei carabinieri è arrivato dal procuratore Roberto di Martino che ha definito “di una certa dimensione” l’importanza dell’operazione, rimarcando l’importanza delle tanto contestate, ma anche in questo caso fondamentali, intercettazioni telefoniche.

Sara Pizzorni


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