Cronaca

TALENTI CREMONESI ALL’ESTERO (20) Giuseppe Benedini, professore dell’Università di Bahia: «Non mi sentivo un talento inespresso, volevo mettermi alla prova»

Giuseppe Benedini, detto Peppo, ha 33 anni e mezzo. Vive a Itaparica, in Brasile. «È un comune di 20.000 abitanti – racconta Peppo -, situato sulla punta settentrionale dell’omonima isola, al centro della Baía de Todos os Santos. Si trova a circa dieci chilometri da Salvador, la terza città del Brasile per grandezza, ma per raggiungerla è necessario utilizzare un trasporto marittimo, che è comunque garantito tutti i giorni. Nel centro d’Itaparica ci sono diverse costruzioni in stile coloniale, abbastanza ben conservate, ed è uno dei pochi posti del Brasile dove è possibile vedere il tramonto sul mare. Pur con tutta questa bellezza, il turismo non é mai né eccessivo né invadente ed è composto in buona parte da velisti. Si respira ancora un’aria di paese, perfettamente normale in un villaggio di pescatori».
E’ via da Cremona da tanti anni, impegnato in studi o lavori sempre fuori porta. «Sono via dal 30 gennaio scorso: è stato bello rivedere la neve dopo tanto tempo! – scherza – Subito dopo il liceo sono andato a studiare storia a Torino. Il primo anno tornavo a casa quasi tutte le settimane, poi un po’ meno spesso. Questo mi ha permesso di conoscere un’altra città dal lato “di dentro”, ed è stata un’esperienza molto impotante. Credo che tutti quelli che sono stati studenti fuorisede o hanno fatto il militare lontano da casa capiscano cosa voglio dire. Poi, durante il dottorato, ho vissuto a Roma e a Parigi e, per impegni dovuti allo studio o a questioni di lavoro, tornare a casa con frequenza è diventato sempre più difficile. Mi ci sono abituato, ma non ho mai voluto tagliare i collegamenti con le mie radici».
In Brasile è funzionario a tempo indeterminato dello Stato di Bahia, professore associato di storia delle Americhe all’Università Statale. «Faccio lezione e svolgo ricerche – spiega – Un qualsiasi confronto con le opportunità offerte dall’università italiana sarebbe impietoso, ma per quest’ultima. Non mi pare il caso di ripetere ciò che si legge continuamente sui giornali e che i miei coetanei ricercatori, assegnisti e dottorandi sanno ancora meglio. Dico solo che sono grato al Brasile».
Da dove nasce la scelta di andare via? «Se il riferimento è al titolo della rubrica, non direi che me ne sono andato perché a Cremona mi sentissi un talento inespresso, ma piuttosto perché volevo mettermi alla prova da qualche altra parte prima di tornare definitivamente, in un futuro che immaginavo abbastanza prossimo. Ho avuto la fortuna di confrontarmi con realtà diverse, ma non avrei mai immaginato, un giorno, di stabilirmi proprio qua. In Brasile ci sono arrivato per amore, che tra tutti i motivi possibili è certamente il migliore».
«Su Cremona non ho mai cambiato idea: mi piace – dice -. Ci torno volentieri, sempre che posso, per stare in famiglia e con gli amici. E per andare a vedere la Cremo allo Zini. Cremona è la mia città, anche se adesso è un po’ lontana. Noi cremonesi abbiamo un rapporto difficile con le distanze geografiche eppure conosco tanti amici che vanno a lavorare tutti i giorni in un’altra città, ma non rinunciano a vivere a Cremona. Se fossi rimasto là, anch’io probabilmente avrei fatto il pendolare ed è questo che faccio in Brasile, tre volte a settimana, tra Itaparica e Santo Antonio de Jesus. Il campus dell’Università Estadual da Bahia dista, infatti, 90 chilometri da qui, pressapoco la stessa distanza che c’è tra Cremona e Milano, e per fortuna è raggiungibile via terra! Devo dire che l’autobus di linea, pure se a volte capitano guasti meccanici, è più confortevole e generalmente più puntuale del treno diretto proveniente da Mantova».
«Tornerò di sicuro a vivere a Cremona – confessa – Spero in salute e prima della pensione! Seriamente: spero presto di potermi fermare a Cremona almeno per un anno, con il pretesto di svolgere qualche ricerca. Se devo essere franco, comunque, il mio sogno sarebbe vivere come le rondini: sei mesi qua e sei mesi là, sempre rigorosamente d’estate. Sono contento della scelta che ho fatto. Il rimorso non fa parte delle mie abitudini, preferisco guardare avanti. In Brasile respiro libertà e mi sento utile, partecipo all’entusiasmo di un paese che va avanti. Qui mi sono realizzato professionalmente, ma soprattutto sto imparando molto da una cultura che è in continua trasformazione. Più che le tradizioni (sono ancora molto attaccato alle mie) di qui m’interessano le contraddizioni, che a volte sono spaventose. Il Brasile è giovane, turbolento per effetto della sua stessa crescita, ma è incredibilmente generoso con chi viene in pace. Comunque – conclude -, se fossi rimasto avrei imparato a fare altre cose, ma con il rimpianto di non aver mai vissuto altrove».

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