Cronaca

Cremona made in China, rischio per i violini? “Da noi elementi unici”

La città di Cremona made in China fa discutere molto. Un intervento di Alberto Cavalli, direttore della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, sul settimanale Il Sole 24 Ore Lombardia, spiega “perché non si può clonare lo Stradivari”.
I cinesi hanno messo gli occhi sulla città del Torrazzo: hanno chiamato una città che sta nascendo vicino a Pechino proprio ‘Cremona’. Il timore è che la finta Cremona possa copiare qualcos’altro oltre al nome, ad esempio la produzione di violini, sfruttando la notorietà dell’originale. Ciò potrebbe far pensare a possibili rischi per il nostro mercato artigianale, ma Cavalli confida in elementi “irriproducibili altrove”.

Di seguito l’opinione di Alberto Cavalli: “Ecco perché non si può clonare lo Stradivari

Il Sole 24 Ore Lombardia ha scritto che, alle porte di Pechino, si va strutturando “Cremona”, città dove verranno prodotti strumenti ad arco. La clonazione, questa volta, non riguarda le grandi firme della moda italiana, ma un’intera città e la sua risorsa più importante: la liuteria. Dare il nome Cremona a una città non significa poter riprodurre un distretto antico di secoli, che vive di una filiera simile a un ecosistema: importatori di legname stagionato, cordai, produttori di materiali specifici per la verniciatura, o di attrezzi per la lavorazione. Senza dimenticare il bagaglio di conoscenze liutarie che questa tradizione reca con sé. I liutai che operano a Cremona hanno la possibilità di confrontarsi quotidianamente non solo con una “aria di famiglia” che racconta secoli di maestria, ma anche con gli strumenti originali di Stradivari, Amati, Bergonzi, Guarneri del Gesù, custoditi dalle istituzioni cittadine: un’educazione permanente non da poco, se si pensa a quanto importante sia osservare da vicino questi capolavori, la loro patina, i più minimi dettagli. E infine, le mostre della Fondazione Antonio Stradivari e il concorso triennale per strumenti ad arco, banco di prova della più raffinata arte liutaria contemporanea. Giuste le preoccupazioni del presidente del Consorzio Liutai Antonio Stradivari, Giandomenico Auricchio, che paventa “una confusione negli acquirenti di strumenti musicali”. Sperando di non peccare di ottimismo o ingenuità, crediamo che alcuni degli elementi che contribuiscono alla buona riuscita del lavoro di un liutaio, dalle condizioni climatiche che determinano la stagionatura del legno alla corretta asciugatura della vernice, siano legati al territorio e irriproducibili altrove. L’abilità di un maestro liutaio nel valutare le proprietà sonore racchiude “in potenza” in una tavola di abete che diventerà la tavola armonica di un violino, o la tecnica acquisita nelle botteghe cremonesi fanno la differenza. In questo sta la forza di una città da sempre scrigno delle conoscenze più preziose nel campo liutaio, portate avanti da maestri che si impegnano per realizzare strumenti che non siano “simili a” ma possibilmente “ancora meglio dei precedenti”. Andare a una fiera come Cremona Mondomusica e non saper distinguere un violino Made in Cremona (Italia) da un violino da 100 euro Made in Cremona (Cina), questo è il vero crimine. Chi ama gli strumenti continuerà a preferire chi li costruisce con amore, disciplina e perizia.

 

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