Cronaca

Partito l’aumento dell’Iva, Pugnoli: «Deleterio per il commercio in città, consumi tornati indietro di undici anni»

Ci mancava anche l’aumento dell’Iva per l’asfittico commercio cremonese. Stretto tra centri commerciali che aprono e poi si allargano, con altri che aspettano solo il via libera per arrivare sul territorio (Castelverde, ex centrale del latte, Colombera in via di ampliamento). La sfilata di serrande abbassate in centro città è impressionante. E’ scattato oggi l’aumento dell’Iva di un punto percentuale e la spesa della famiglia italiana tipo subirà un incremento medio annuo di 92 euro.

«In questa fase di recessione del commercio in generale e di quello cremonese in particolare – attacca Caludio Pugnoli, presidente Ascom -, questa manovra è a dir poco deleteria. Non fa altro che affossare ancora una volta i consumi che ormai toccano i livelli di undici anni fa. L’aumento dell’Iva coinvolgerà i negozianti che non aumenteranno i prezzi e si vedranno ulteriormente ridurre il loro margine di sopravvivenza. Un’operazione che crea ulteriori problemi al commercio cittadino».

«Un’altra “bastonata” per il commercio cremonese che, tra le tante cose che in questo periodo non vanno, si trova ad affrontare anche questa. Penso di parlare per il 90% dei nostri negozianti: assorbiremo direttamente noi l’onore maggiore – dice Paolo Mantovani, presidente Botteghe del Centro -. I dettaglianti, dunque, non ritoccheranno i prezzi della merce per far fronte a questo aumento dell’Iva dell’1%. Questa Manovra è la solita operazione tampone per fare cassa che pesa soltanto sulle spalle dei consumatori».

Oltre un terzo dell’aumento sarà riconducibile alle spese per il settore dei trasporti, ovvero all’aumento dei prezzi, in particolar modo, della benzina e del gasolio per autotrazione e dei biglietti dei bus e dei treni. Il gettito complessivo atteso con questo aumento dell’aliquota Iva dal 20 al 21% sarà di tutto rispetto: 700 milioni per l’anno in corso e, a partire dal 2012, oltre 4,2 mld di euro. I calcoli sono stati realizzati dalla Cgia di Mestre che ha analizzato gli effetti dell’aumento dell’Iva sulla spesa media annuale prendendo come riferimento la ‘famiglia tipo’ composta da 3 persone.

Il passaggio dal 20% al 21% dell’aliquota Iva non inciderà sulla spesa dei beni di prima necessità, come gli alimentari e le bevande, la sanità, l’istruzione, l’abitazione ecc., tutti beni ai quali si applica l’Iva al 10% o al 4%, o non si applica affatto. Diverso, invece, il discorso per tutti quei beni non alimentari, ai quali, invece, si applicherà l’Iva al 21%: 92 saranno mediamente gli euro che le famiglie sborseranno in più all’anno. Di questi, 32 euro saranno in capo per la spesa dei trasporti (aumento carburanti, acquisto mezzi di trasporto, ticket per bus/treni e voli aerei, etc.); 18 euro per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici e per l’abbigliamento e le calzature; 12 euro verranno spesi in più per altri beni e servizi (effetti personali, servizi ai minori ed agli anziani, assicurazioni, cura della persona, etc.); 6 euro per la spesa per le comunicazioni (servizi postali, apparecchi telefonici, servizi di telefonia); 5 euro per i giochi, la cultura ed il tempo libero (articoli sportivi, cinema, teatro, pacchetti vacanze, etc.).

«E’ probabile che con gli effetti delle due manovre d’estate – dichiara Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre – anche i consumi interni subiranno delle ripercussioni negative. Tuttavia l’aumento dei costi a carico delle famiglie che si registrerà con l’aumento dell’aliquota Iva, non sarà particolarmente pesante come si prospettava inizialmente. Va considerato, inoltre, che questa misura è stata introdotta nel decreto di Ferragosto con il maxi emendamento del Governo per far fronte al forte peggioramento dei nostri conti pubblici, sorto proprio in queste ultime settimane». In termini assoluti, l’incidenza attuale dell’Iva (di tutte e tre le aliquote) sulla spesa media annua è di oltre 2.800 euro su un totale di spesa di 27.857 euro: con il nuovo incremento si arriverà, quindi, ad una spesa annua media familiare di poco superiore ai 27.900 euro.

 

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