Cronaca

Processo fatture false: riti abbreviati e patteggiamenti

Si avvia alle conclusioni il processo davanti al gup Letizia Platè sulla maxi indagine portata avanti dagli uomini della guardia di finanza sotto la direzione della procura di Cremona su una presunta organizzazione criminale dedita alla frode fiscale attraverso l’emissione e l’utilizzo, in via sistematica, di fatture per operazioni inesistenti. Si parla di fatture false per un milione e 287 mila euro per evadere più di 256mila euro di Iva negli anni 2005-2009, fatture che sarebbero state emesse da tre società cartiere dal ragioniere Fabio Galli a favore di imprenditori di mezza Italia con l’aiuto di Achille Melgari, suo ex collaboratore, e del bresciano Alessandro Cattalini. 49 gli imputati, professionisti e imprenditori, legali rappresentanti delle società coinvolte, finiti a processo davanti al giudice Platè con l’accusa di aver utilizzato le fatture false emesse dalle società cartiere per evadere il fisco.

Oggi in udienza preliminare sono state depositate le proposte di patteggiamento (già concordate con il pm) per cinque posizioni: i cremonesi Daniele Palmiro Fogazzi e Marina Signorini, Massimo Zelioli, Roberto Manfredi e il bresciano Luigi Anelli. Sei i riti abbreviati per i quali il pm ha chiesto pene compresa tra un anno e un anno e quattro mesi di reclusione. Per il cremonese Luciano Grandi e il cremasco Silvio Agosti, il pm ha chiesto l’assoluzione, mentre ha chiesto di condannare gli altri quattro imputati processati con il rito abbreviato: la milanese Laura Morotti, il piacentino Maurizio Fasoli, il cremonese Marco Ghirardi e il toscano Giuseppe Pistelli. Per tutti, il giudice emetterà sentenza il prossimo 3 marzo, quando verranno discusse tutte le altre posizioni per le quali il pm potrà chiedere il rinvio a giudizio, oppure il proscioglimento. Sempre oggi il giudice Platè ha accolto la richiesta di incompetenza territoriale da parte dei legali del mantovano Riccardo Bernini e del salerinitano Andrea di Palma. Per loro, il procedimento si sposta in altre sedi giudiziarie: Bernini sarà giudicato dal tribunale di Piacenza, mentre di Palma da quello di Brescia.

In quegli anni il ragionier Galli era titolare di uno studio in via Eridano e secondo l’accusa, per consentire ai suoi clienti di abbattere il reddito imponibile ed evadere il fisco, avrebbe costituito diverse società cartiere per fabbricare fatture false. Le avrebbe costituite con l’aiuto di Melgari e Cattalini, accusati, con Galli, di associazione a delinquere. Tra gli imputati figurano anche Massimo Boselli Botturi, ex amministratore delegato della cooperativa cremonese Nuova Informazione, e la moglie Raffaella Storti, ex legale rappresentante di Radio Onda Verde.

Le indagini portate avanti dalla procura avrebbero consentito di ricostruire il meccanismo attraverso il quale, pur a fronte dell’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, i clienti del commercialista, per eludere i controlli, eseguivano effettivi pagamenti delle somme riportate nelle fatture medesime. Successivamente il professionista, dopo aver versato gli assegni o i contanti sui conti correnti delle società “cartiere”, restituiva il denaro versato dal cliente trattenendo il 20% dell’Iva ed una provvigione per l’opera prestata. Quanto alle società cartiere, costituite ad arte dal professionista, i finanzieri hanno individuato 10 società di capitali, di fatto inoperanti, la cui ragione sociale sarebbe stata utilizzata solo per l’emissione di  fatture per operazioni inesistenti. In periodi di scadenze tributarie, la fatturazione tra i clienti del professionista e le società cartiere a lui riferibili si sarebbe tradotta in una sorta di livellamento: i bilanci d’esercizio, all’occorrenza, venivano chiusi a pareggio attraverso l’utilizzazione di falsi documenti contabili reperiti anche da società compiacenti di altre province lombarde.
Il sistema avrebbe consentito agli imprenditori che si avvalevano della consulenza del professionista di pagare meno tasse rispetto agli altri operatori del medesimo settore. I riscontri investigativi acquisiti attraverso l’esame della documentazione sequestrata avrebbero fatto emergere il coinvolgimento di oltre 50 aziende, con sede a Cremona e in varie province del Nord Italia, tra cui Milano, Varese e Massa Carrara.

Sara Pizzorni

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