Spettacolo

'Il Servitore di due padroni' di Goldoni in scena al Ponchielli

Dopo aver diretto il pluripremiato ‘Un tram che si chiama desiderio’, Antonio Latella, ritorna al Teatro Ponchielli martedì 28 gennaio (ore 20.30) con  ‘Il Servitore di due padroni’ dalla commedia di Carlo Goldoni. Latella riparte “da” Goldoni, “da” come lui stesso spiega, perché questo Servitore è una totale riscrittura che vuole prendere forza dalla nostra tradizione per lanciarsi in avanti, nel tempo che deve venire.
In scena nello spettacolo alcuni dei migliori talenti della scena italiana: Marco Cacciola, Federica Fracassi, Giovanni Franzoni, Roberto Latini, Annibale Pavone, Lucia Perasa Rios, Massimiliano Speziani, Rosario Tedesco, Elisabetta Valgoi.
La lingua parlata è l’italiano e non il dialetto veneziano. L’ambientazione è contemporanea (siamo in un hotel di provincia). Le relazioni tra i personaggi svelano ambiguità di genere. «Sono entrato nel lato oscuro, buio del testo di Goldoni. Il quale comincia dicendo subito che c’è una ragazza strana, Beatrice, che si veste in pantaloni e ama suo fratello – spiega Latella – Ecco, io sono partito da lì, da questa storia piena di ambiguità di genere riscrivendo l’originale di Goldoni insieme a Ken Ponzio, un drammaturgo che ha la mia età, ex-attore che sa come usare le parole, perché per attraversare l’anima nera di Goldoni ci vuole una lingua senza fiocchi».

«Più che tornare ‘a’ Goldoni – sono ancora le parole del regista – mi sembra importante sottolineare che è un ripartire ‘da’ Goldoni, e dico ‘da’, perché il nostro “Servitore” è una totale riscrittura. Lo è non per provocazione o per chiudere i conti col passato, ma per la necessità di riaprirli, di prendere forza dalla nostra tradizione per lanciarci in avanti, nel tempo che deve venire, per noi ma soprattutto per quelli che verranno. Parlare con la forza della tradizione all’uomo contemporaneo per me oggi è un dovere, più che una necessità. Goldoni è il nostro teatro scritto, la nostra origine… Arlecchino è il nostro Amleto…».

«Seppur siano interessantissime e preziose le ricerche filologiche apportate in questi anni da parte di studiosi e di registi – spiega il drammaturgo Ken Ponzio – credo sia importante considerare che se il teatro, in quanto forma artistica, è vivo, lo è grazie al costante dialogo con il proprio presente, sotto forma di critica dialettica. Nella riscrittura de Il servitore di due padroni non ho potuto non tener conto degli innumerevoli cambiamenti che sono avvenuti nel corso di più di due secoli e mezzo. Il nostro modo di percepire il comico e il tragico è cambiato, gli stessi modi espressivi sono radicalmente diversi da quelli di Goldoni; del resto dopo aver passato due guerre mondiali, essere andati sulla luna, aver letto Beckett, Pinter e Heiner Müller, il nostro modo di vedere le cose è de facto cambiato».

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