«Condizioni di viaggio umilianti», Trenitalia risarcisce pendolare E tra i cremonesi si parla di class action
Ha viaggiato male e, alla fine, verrà risarcita. E’ finita così la battaglia di una pendolare lombarda della linea San Zenone al Lambro-Milano Rogoredo, che ha fatto causa a Trenitalia per ritardi e condizioni di viaggio “gravemente umilianti”. Il giudice di pace Roberta Rosabianca Succi le ha dato ragione e ha condannato Trenitalia a restituirle i soldi per il periodo incriminato (un anno, pari a 500 euro) e al risarcimento dei danni morali. «Deve escludersi – ha scritto il giudice nelle sentenza – che l’obbligo di Trenitalia si esaurisca nel trasporto dell’utente a destinazione, a prescindere dalle modalità esecutive di tale trasporto».
La notizia ha già cominciato a movimentare le acque nel panorama del pendolarismo cremonese, troppo spesso abituato a questo genere di disagi. Lunedì 5 settembre (per molti, giorno della ripresa dopo la pausa estiva), il treno delle 7.33 per Milano si è presentato in stazione a Cremona con la carrozza di testa e quella di coda inagibili, costringendo molti passeggeri a viaggiare in piedi già dalla fermata Ponte Adda. Altro caso quello del lunedì di lavoro dopo le due settimane di ferie ferragostane: il convoglio partito da Milano alle 17.15 è arrivato a Mantova alle 21.22 con 131 minuti di ritardo per un guasto al sistema informatico.
«Chi fa il pendolare non si sorprende a sentire queste cose – esordisce Matteo Casoni del Comitato In Orario, attivo sulla linea Mantova-Milano -. Carrozze stracolme e scarsa pulizia sono ormai all’ordine del giorno. L’aria condizionata c’è ma non ovunque e i bagni non sempre sono tutti aperti». Soppressioni, sporcizia e sovraffollamento dei convogli sono proprio le ragioni avanzate dalla donna che ha ottenuto il risarcimento da Trenitalia. Il suo avvocato ha citato l’articolo 36 del Codice del consumo che sancisce la “nullità delle clausole contrattuali di cui venga accertata la vessatorietà in tema di contratti conclusi tra il professionista e il singolo utente persona fisica e ciò a tutela del consumatore”. «Potrebbe riprendere vita l’idea di una class action – continua Casoni -. Bisogna vedere se a fronte di questa sentenza ci sono le condizioni per procedere».
A completare il quadro, l’aumento del prezzo dei biglietti. «Ho pagato l’abbonamento annuale 160 euro in più – conclude Casoni -, ma non ho visto per ora alcun miglioramento del servizio. E’ questo il problema: da pendolare sono disposto a pagare qualcosa in più, a patto che prima vengano fatte le dovute migliorie».