Cronaca

Crisi e lavoro, caduta occupazionale Oltre 1300 posti in meno in provincia I risultati previsti nel 2013

Segnali ancora poco incoraggianti dai movimenti occupazionali previsti dalle imprese nel 2013. E’ la crisi che lascia ancora segni sul territorio. Il quadro arriva dall’ultima  indagine del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro, che monitora le previsioni delle imprese dell’industria e dei servizi sulla base di interviste a quasi 100mila attività. Osservando i movimenti occupazionali della provincia di Cremona, ecco i risultati attesi per l’anno 2013: 2.530 entrate e 3850 uscite. Saldo: -1.320 (riferimento è lavoratori dipendenti con contratto non stagionale e stagionale, interinali esclusi).

Dati più dettagliati a livello nazionale: circa 750mila le entrate complessive attese dalle imprese nel corso del 2013 tra lavoratori alle dipendenze, collaboratori e altre tipologie contrattuali. Saldo: -250mila unità (quasi un milione le uscite messe a bilancio). Le assunzioni previste riguarderanno 563.400 lavoratori dipendenti, di cui 367.500 non stagionali e quasi 196mila stagionali; 85mila interinali; 65.700 collaboratori a progetto; 35.300 collaboratori a partita Iva e occasionali.

“La necessità di mantenere alto o di accrescere il profilo competitivo indurrà queste imprese a investire ulteriormente nella qualità delle risorse umane, assumendo, in quota relativa rispetto al totale, più laureati e diplomati e ricercando un maggior numero di profili professionali tecnici e operai specializzati – si legge nel riassunto dei risultati nazionali -. La ‘qualificazione’ si accompagnerà, nei programmi delle imprese, anche a un orientamento leggermente più diffuso verso la stabilizzazione delle figure che verranno integrate in azienda: rispetto al 2012, i contratti di lavoro a tempo indeterminato ‘guadagneranno’ infatti nel 2013 un punto percentuale, andando a rappresentare oltre un quinto delle entrate totali”.

“Le difficoltà del mercato interno, tuttavia – si legge ancora – determinano un calo dei contratti complessivamente attivati (112mila in meno di quelli preventivati nel 2012) e, quindi, un protrarsi della caduta dell’occupazione (ammonta a -250mila il saldo tra le 750mila entrate complessive previste e il quasi milione di uscite programmate dalle imprese). Questa dinamica tenderà a colpire prevalentemente  tutti quegli ambiti (territoriali, di dimensione d’impresa, settoriali) più strettamente dipendenti dal mercato interno: il Mezzogiorno (da cui è atteso il 35% del saldo negativo complessivo), le imprese con meno di 10 dipendenti (che prevedono di ridurre la propria forza lavoro di 142.600 unità), le costruzioni (-59mila il saldo), il commercio al dettaglio (-24.500), il comparto turistico (-25.600)”.

“Per ricostruire l’occupazione perduta non c’è che un modo: ripartire dalle imprese – ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello -. Senza imprese, non c’è lavoro. E le imprese possono creare lavoro se riescono a crescere, a sviluppare nuovi prodotti e servizi, ad allargare il proprio mercato. I dati non sono confortanti ma la presenza di una quota significativa di imprenditori che scommettono sull’impresa e operano nuove assunzioni fa capire che il sistema è vitale e che riducendo il carico burocratico e quello fiscale si libererebbero risorse per accelerare la ripresa”.

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