Manovra: recuperare l’evasione prima ancora di tagliare i costi
Il dibattito nei palazzi della politica e nel paese su dove trovare le risorse per costruire una “manovra economico-finanziaria” che riporti credibilità all’Italia presso i mercati finanziari e nei consessi internazionali e che consenta un rilancio dell’economia è ogni giorno più acceso. Pur licenziata dal Governo in tutta fretta (13 agosto scorso) sotto la spinta di una bufera globale nelle Borse con un Decreto Legge (il n. 138) da approvare entro la metà di ottobre, la “manovra” risulta indigesta a gran parte degli stessi ministri che l’hanno approvata.
Sempre tenendo conto che queste riflessioni per lo più ruotano su pesanti tagli e aumenti delle tasse, qui si vuole completare il discorso su Debito Pubblico, 1900 miliardi di euro e 120% del Pil, già iniziato nei giorni scorsi.
Da un’inchiesta sulla evasione fiscale redatta da Krls Network of Business Ethics e pubblicata da Contribuenti.it – Associazione Contribuenti Italiani (http://www.contribuenti.it/news/view.asp?id=3142) si apprende che il nostro paese occupa il poco onorevole primo posto in Europa (il doppio e il triplo tra i paesi dell’OCSE) con il 54,5% del reddito imponibile evaso. Il danno complessivo all’Erario sarebbe dell’ordine dei 169 miliardi di euro all’anno. Un dato in particolare di questo studio stupisce: il 28,3% di evasione viene dagli istituti bancari e assicurativi. Altro elemento di riflessione con risvolti inquietanti è dato dalla esiguità delle riscossioni delle tasse evase nonostante i molti accertamenti effettuati dalla GdF: solo il 10,4% del dovuto. Secondo “IlSole24ore.it”, Il Fisco negli Usa incassa il 94% di quello accertato, in Inghilterra il 91%, in Francia l’84%. Perfino il Fisco turco incassa di più: il 58%. E questo non perché in Italia la magistratura è inefficiente, ma perché le leggi lo permettono.
Sempre stando allo studio della Krls Network of Business Ethics sono 150 i miliardi di euro depositati illegalmente all’estero. Cosa eticamente inaccettabile è che quelli dichiarati, senza neppure l’obbligo del rientro dei capitali in Italia, erano stati “puniti” con un misero 5% di penale. Vista la gravità della situazione, la proposta di tornare sull’argomento per modificare questa percentuale viene respinta perché giudicata addirittura scorretta. Come se quell’elemosina del 5% fosse congrua rispetto alla conclamata illegalità.
Ma in questa realtà da “Paese dei campanelli” vi è dell’altro. Sempre da http://www.contribuenti.it/news/view.asp?id=3149, viene ricordata la opaca faccenda delle slot-machines e similari nel nostro paese.
Il settore della distribuzione automatica, dove l’Italia detiene in Europa la leadership nel settore, ha generato nel 2010 un imponibile annuo, non dichiarato al Fisco, di circa 48 miliardi di euro, con un’imposta evasa di 15. E, per arrivare ai “botti” finali, nel 2007 la Corte dei Conti ha inviato ai 10 concessionari gestori della rete telematica relativa agli apparecchi da intrattenimento (slot-machine, ecc.) e ad alcuni dirigenti dei Monopoli inviti a intervenire nei confronti dei suddetti concessionari per il presunto mancato versamento di penali contrattuali per tasse non riscosse e multe non pagate per una cifra di circa 98 miliardi di euro!!!! Della mancata conclusione della “ricca” vicenda, non si sa quasi nulla.
La domanda da farsi è allora questa: ma i tanti soldi di cui il paese oggi ha bisogno, non ci sarebbero già se i controlli fossero almeno un po’ seri?
Per il Gruppo di riflessione politica “il frantoio”
Benito Fiori