Cronaca

Al canile uccisioni fuorilegge, offerte per praticare l'eutanasia

Sopra, il maresciallo capo del Nas Umberto Giannini (a destra) con il dottor Rosario Fico, il perito incaricato di effettuare le autopsie sulle carcasse trovate nella cella frigorifera del canile

LA TESTIMONIANZA DEL MARESCIALLO DEL NAS

E’ entrato nel vivo con la testimonianza del maresciallo capo del Nas Umberto Giannini, il processo nei confronti di cinque imputati per le presunte uccisioni e maltrattamenti di animali che sarebbero avvenuti al canile di Cremona. Sotto accusa, l’ex presidente della passata gestione (dal 2004 al 2008) dell’Associazione Zoofili cremonesi Maurizio Guerrini e la vice Cheti Nin, le due volontarie Laura Grazia Gaiardi ed Elena Caccialanza e la veterinaria dell’Asl Michela Butturini.

C’ERA CHI SI PRESENTAVA AL CANILE PER FAR SOPPRIMERE IL PROPRIO ANIMALE

SEGUGI UCCISI A FINE CARRIERA

“Omessa identificazione degli animali – non si sapeva la loro storia né il loro destino – , un sistema di registrazione anomalo con cartellini individuali nei quali venivano inseriti nomi di fantasia degli animali, razza e colore del pelo. Nessun microchip, nessun tatuaggio e nessuna indicazione inserita nella banca dati regionale”. Sono le prime dichiarazioni rese dal maresciallo Giannini che davanti al collegio presieduto dal giudice Pio Massa (a latere i giudici Francesco Sora e Andrea Milesi), al pm Fabio Saponara e ai legali di parte civile e delle difese, ha ripercorso tutta l’indagine esplosa nel marzo del 2009.

Ma c’è di più: “la mia impressione”, è stata la frase choc del testimone, “e’ che girasse voce che al canile si praticasse l’eutanasia”.
In aula il maresciallo ha citato casi di persone che invece di portare i loro animali dal veterinario li portavano al canile per farli sopprimere. “C’erano molti segugi”, ha detto il teste, “che dopo un certo numero di anni, arrivati a fine carriera, venivano portati al canile per essere uccisi”. “L’eutanasia”, ha spiegato il maresciallo, rifacendosi alla normativa vigente, “deve essere eseguita solo ed esclusivamente da un veterinario che deve registrare il decesso in un apposito registro nel quale va specificato il motivo: o una malattia incurabile, o l’aggressività estrema, oppure la troppa sofferenza”.

CASI DI CANI UCCISI DOPO IL LORO INGRESSO AL CANILE

Il maresciallo ha fatto qualche esempio e citato alcuni episodi: l’ingresso al canile il 3 febbraio del 2004 di un pastore tedesco e di un Fox Terrier uccisi dopo 20 giorni e un altro abbattuto lo stesso giorno del suo ingresso nella struttura comunale perché ritenuto aggressivo. Per quest’ultimo caso, però, Giannini  ha ricordato che “un veterinario avrebbe dovuto tenere l’animale in osservazione almeno per dieci giorni”. E poi ancora: quattro eutanasie il 26 giugno del 2004: uno dei cani era arrivato al rifugio due giorni prima. “La maggior parte”, ha detto il testimone, “è stata sottoposta ad uccisione senza che fosse indicata la motivazione”.

OFFERTE PER LE UCCISIONI FUORILEGGE

Per le uccisioni “fuorilegge”, come ha spiegato il maresciallo, i  volontari ricevevano delle offerte, intascando dai 30 ai 110 euro. Durante le indagini i militari del Nas hanno scoperto una contabilità parallela, quaderni con annotate le donazioni ricevute. Persino un prezziario per alcuni servizi. Alcune volontarie, infatti, abusando della professione veterinaria, vaccinavano cani e gatti. Il costo per queste prestazioni andava dai 5 ai 70 euro, richiamo compreso. E per chi non aveva la possibilità di smaltire il proprio animale deceduto, c’erano alcuni volontari del canile che ritiravano i corpi.

OLTRE 500 CANI NON REGISTRATI

CARTELLINI IDENTIFICATIVI DEGLI ANIMALI E FARMACI EUTANASICI TROVATI A CASA DI CHETI NIN

“Al canile di Cremona”, ha continuato il maresciallo, “gli animali arrivavano anche da fuori regione e da fuori provincia. In un canile di 280/300 cani veniva ospitato il 30/40% in più. Tutti animali tenuti in condizioni incompatibili con la loro natura e sempre a rischio sbranamento”.
Negli ultimi sette, otto anni gli uomini del Nas sono riusciti a ricostruire la movimentazione degli animali (si parla di oltre 500 cani non registrati ne’ microchippati) solo grazie ai cartellini identificativi, la maggior parte dei quali trovati nella casa di Cheti Nin durante una perquisizione, compresi flaconi dei farmaci eutanasici Tanax e Pentothal Sodium sequestrati nel soggiorno dell’abitazione dell’imputata.

SMALTIMENTO “ABNORME” DELLE CARCASSE E RICETTE PER QUANTITATIVI “ABNORMI” DI FARMACI

E poi c’era lo smaltimento delle carcasse, i cui oneri erano a carico del Comune che a sua volta si avvaleva di ditta individuali. “Dal 2005 al 2009 le carcasse erano riposte nella cella frigo e poi smaltite a Polesine Parmense”, ha raccontato Giannini, che ha aggiunto: “tonnellate e tonnellate di carcasse. Uno smaltimento abnorme”. Impressionanti i numeri riportati dal maresciallo: dal 2001 al 2008 sono stati smaltiti 80.993 chilogrammi di carcasse per un totale di 3.848 cani.

Per quanto riguarda invece il Tanax e il Pentothal Sodium, Giannini ha parlato degli accertamenti svolti presso il distributore farmaceutico dove si riforniva l’Associazione Zoofili cremonesi: “in sette anni  sono state ordinate 2.710 confezioni”. “Un quantitativo abnorme di medicinali”, ha commentato Giannini, secondo cui non c’erano motivazioni plausibili per il loro impiego. “Un quantitativo con cui avrebbero potuto essere soppressi oltre mille cani”. “Non c’era un medico aziendale”, ha continuato il teste, “e neppure un ambulatorio veterinario. C’era solo la veterinaria dell’Asl Michela Butturini”.

Le ricette venivano firmate dal dottor Aldo Vezzoni, veterinario responsabile sanitario della struttura. Per Vezzoni, accusato di abuso d’ufficio “per aver prescritto in quantità rilevanti Tanax e Pentothal senza accertarne il legittimo utilizzo e le modalità di custodia”, il gup Letizia Platè aveva già disposto il non luogo a procedere.

Secondo il teste, però, “Vezzoni ha firmato le ricette di centinaia e centinaia di farmaci in maniera estremamente superficiale”.

SCIOLTA LA RISERVA SULLE RICHIESTE DELLE DIFESE. DUE PRIVATI FUORI DAL PROCEDIMENTO COME PARTE CIVILE

In apertura di dibattimento il collegio ha sciolto la riserva sulle richieste presentate dalla difesa degli imputati durante la scorsa udienza. Rigettata la richiesta di inutilizzabilità dell’incidente probatorio relativo all’esame del dottor Rosario Fico, il perito incaricato di effettuare le autopsie sulle 33 carcasse trovate nella cella frigorifera del canile. Per i legali della difesa la perizia era stata effettuata dopo la scadenza del termine delle indagini preliminari. Rigettata anche la richiesta di non ammissibilità delle parti civili, tranne due privati che quindi escono dal procedimento: si tratta di Pierina Ogadri e del marito Ivan Boselli, titolari di un’azienda cremonese che a Natale e Pasqua raccoglieva somme di denaro da destinare all’acquisto dei beni necessari degli animali del rifugio. Le altre parti civili del processo sono le maggiori associazioni animaliste italiane.

L’udienza è stata aggiornata al prossimo 3 dicembre per l’esame degli altri testimoni.

Sara Pizzorni

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