Cronaca

Malori allo Stanga: "nessun rischio esplosione all'istituto"

Altra udienza davanti al giudice Francesco Sora del filone Tamoil relativo al forte odore di idrocarburi che secondo l’accusa si era sprigionato dalla raffineria il 24 e il 26 novembre del 2009. L’odore aveva raggiunto il confinante istituto Stanga, provocando malori in alcuni dipendenti della scuola. A processo ci sono tre imputati: Enrico Gilberti, gestore della Tamoil, Livio Ernesto Tregattini, delegato del settore ambiente e sicurezza, e il libico Mohamed Abulaiha Saleh. Oltre all’accusa di getto pericoloso di cose in merito agli episodi dello Stanga, devono rispondere anche di illecita gestione di rifiuti, di aver commesso reati in materia edilizia e dello sversamento nel fiume Po di acque reflue industriali tossiche e pericolose.

Oggi in aula sono stati sentiti altri testimoni della difesa, tra i quali Roberto Alquati, che nel 2009 era responsabile dell’ufficio legale di Tamoil raffinazione. Il testimone è stato sentito sul caso Stanga: “il 26 novembre eravamo in riunione. Ricordo la telefonata che Gilberti aveva ricevuto dai vigili del fuoco che avevano avuto segnalazioni di odori, ma a Tamoil non risultava nulla di anomalo, né c’erano attività straordinarie in corso. Eravamo increduli. Io stesso ero andato sul posto e non avevo sentito nulla”. Secondo l’accusa, l’odore proveniva dalla zona di Tamoil dove sorgevano le due vasche nelle quali si pulivano gli scambiatori da residui di idrocarburi.

Il 26 novembre del 2009 l’ingegner Massimiliano Russo, responsabile dei vigili del fuoco di Cremona, era all’interno della raffineria per la messa in sicurezza del serbatoio A5, esploso nell’estate precedente. “Ero dall’altro lato rispetto alle vasche”, ha raccontato in aula, “quando ero stato chiamato dal comando che mi chiedeva di raggiungere proprio l’area confinante con lo Stanga. All’interno dell’istituto c’era già il caposquadra Giorgio Folleghi che stava facendo delle misurazioni”. “Nell’area delle vasche”, ha proseguito Russo, “c’era una forte ventilazione. Una volta arrivato lì avevo sentito odore di idrocarburi, come fosse benzina. Io però l’avevo respirato poco perché poi mi ero messo la mascherina”. Successivamente i tecnici dell’Arpa avevano prelevato dei campioni ed effettuato analisi: “non c’era livello di pericolo”, ha detto Russo, i livelli di esplosività non erano tali da creare pericolosità”.

Come testimone della difesa è stato sentito anche il perito chimico Antonio Calvano, che il 2 dicembre del 2009 aveva ricevuto l’incarico da parte di Tamoil di effettuare le analisi presso le vasche. “Dal monitoraggio per la verifica della qualità dell’aria”, ha riferito, “risultavano valori al di sotto di quelle che sono le concentrazioni di riferimento e i fattori di rischio erano molto bassi”.

Agli imputati è contestato anche l’episodio dell’ 8 settembre del 2009, quando, per l’accusa, “sversavano nel fiume Po acque reflue industriali tossiche e pericolose per la presenza di idrocarburi liquidi e di sostanze derivate dalla lavorazione del petrolio”.
In merito è intervenuto il responsabile dell’ufficio legale Tamoil Alquati, che ha ammesso: “quel giorno c’era stata un’anomalia ad un impianto della raffineria denominato barriera idraulica, e questa anomalia aveva provocato una fuoriuscita in Po”. “Successivamente”, ha aggiunto, “Tamoil aveva apportato delle migliorie alle strutture”.

Riguardo invece l’accusa dell’illecita gestione di rifiuti (gli imputati avrebbero stoccato e depositato in modo incontrollato rifiuti pericolosi derivanti dalle attività di raffinazione), Alquati ha riferito che l’attività di gestione dei rifiuti era appaltata a terzi, “in particolar modo alla ditta Petroltecnica, che si occupava dello smaltimento”.

Infine, sugli edifici abusivi, Alquati ha fatto verbalizzare che “il Comune ne aveva ordinato la demolizione un anno fa”.

L’udienza è stata aggiornata al prossimo 10 luglio per sentire altri cinque testimoni della difesa.

Quattro i capi di imputazione a carico di Gilberti, difeso all’avvocato Carlo Melzi d’Eril, Abulaiha Saleh, assistito dall’avvocato Simone Lonati, e Tregattini, difeso dall’avvocato Isabella Cantalupo. La procura contesta l’illecita gestione di rifiuti, reati in materia edilizia, lo sversamento nel fiume Po di acque reflue industriali tossiche e pericolose e il getto pericoloso di cose.

Per quanto riguarda l’illecita gestione di rifiuti, il 26 novembre e il 4 dicembre del 2009 “stoccavano e depositavano in modo incontrollato, in più zone dell’azienda (area 1, deposito temporaneo di Tamoil, area 2, attigua al bacino di contenimento del serbatoio E29, area 3, nelle immediate vicinanze e all’interno del deposito ex Foster Wheeler ad ovest del serbatoio E29, area 4, a nord ovest del serbatoio E29, area 5, tubo di scarico al suolo presente sulla strada E209), rifiuti pericolosi e non pericolosi derivanti dalle attività di raffinazione (zolfo camino nove, percolato lavaggio lato vasche, lavaggi, ferro contaminato), sversando al suolo, privo di pavimentazione e di un idoneo sistema di convogliamento delle acque, i liquidi frammisti ad idrocarburi e sostanze altamente inquinanti percolanti dai grossi contenitori”.

I tre imputati dovranno anche rispondere di reati in materia edilizia, in quanto, così come riportato dal capo di imputazione, nel dicembre del 2009, “realizzavano senza permessi, in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico, in quanto ricadente nella fascia di rispetto del colatore Morbasco, 12 edifici che utilizzavano per lo stoccaggio dei rifiuti, per il deposito di attrezzature e quali veri e propri luoghi di lavoro”.

Ai tre è contestato anche l’episodio dell’ 8 settembre del 2009, quando, per l’accusa, “sversavano nel fiume Po acque reflue industriali tossiche e pericolose per la presenza, visiva e olfattiva, di idrocarburi liquidi e di sostanze derivate dalla lavorazione del petrolio”.

Infine, il reato di getto pericoloso di cose, “mediante emissione in atmosfera di gas idrocarburici provenienti dalla zona delle vasche di lavaggio degli scambiatori”, recando “molestia agli studenti e al personale dell’istituto Stanga che il 24 e il 26 novembre del 2009 si vedevano le aule invase da gas, tanto che tre dipendenti della scuola si sentivano male”.

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