Cronaca

Libero l'indiano bloccato in carcere, dal Consolato 'scarsa collaborazione'

Il giudice Salvini

Anziché scontare la pena di due anni di reclusione per spaccio, Gurdip Ram, indiano di 37 anni, avrebbe dovuto essere espulso dall’Italia. Invece è rimasto in carcere perché non aveva i documenti idonei per tornare nel proprio paese. La vicenda di Gurdip, artigiano, da anni a Cremona, disoccupato e senza fissa dimora, si è risolta oggi con la scarcerazione disposta dal giudice Guido Salvini. L’uomo tornerà in India il prossimo 16 aprile e nel frattempo attenderà l’esecuzione del provvedimento in un apposito centro.

Il 37enne era in carcere dal marzo del 2012. “Il problema”, come aveva spiegato il suo legale, l’avvocato Roberto Calza, “è sorto quando la sentenza è diventata definitiva, e cioè dal 21 dicembre”. Ram poteva essere espulso, ma è rimasto in carcere perché possedeva solo una copia del passaporto. “Nonostante i contatti con l’ufficio immigrazione della Questura”, ha continuato Calza, “l’espulsione non è stata eseguita. Gurdip Ram è stato in carcere senza titolo detentivo”. Nessuno si è mosso, nemmeno il Consolato indiano, contattato a suo tempo dagli agenti della Questura di Cremona, che più volte hanno chiesto di attivare la procedura per il rilascio, in assenza dell’originale del passaporto, di un documento di viaggio necessario per procedere all’imbarco aereo del detenuto.

“Il Consolato”, come si legge nel provvedimento del giudice Salvini, “pur istituzionalmente competente ad assistere i suoi cittadini all’estero, ha prestato ben scarsa collaborazione, non inviando presso il carcere di Cremona un suo addetto al fine di far compilare gli atti necessari all’espletamento della procedura e pretendendo invece che Gurdip Ram fosse appositamente tradotto dal carcere presso l’ufficio consolare di Milano”. Secondo Salvini, “la situazione avrebbe potuto essere affrontata e risolta in pochi giorni”, e invece “si è trascinata” fino al 23 gennaio 2013, quando il difensore ne ha chiesto la scarcerazione.

Nonostante le numerose sollecitazioni ad intervenire, anche da parte dello stesso magistrato, il 4 marzo scorso il Consolato “si è limitato ad inviare un fax contenente sintetiche istruzioni propedeutiche al rilascio del documento di viaggio, comunicando per telefono al cancelliere che non intendeva far presenziare alle udienze un proprio addetto”. In conseguenza di ciò, “l’ufficio immigrazione della Questura ha dovuto impegnarsi da solo per raccogliere i documenti necessari”, spostandosi a Milano con tutta la documentazione autenticata ed ottenendo il 26 marzo scorso dal Consolato indiano il documento di viaggio. “Oltre tre mesi di ritardo”, scrive Salvini, “dovuti alla scarsa collaborazione del Consolato”.

Ora, in attesa di poter tornare nel proprio paese, Gurdip sarà ospitato in un centro di identificazione ed espulsione. “Una soluzione intermedia”, l’ha definita il giudice, in quanto una scarcerazione completa sarebbe stata “in pieno contrasto con le esigenze di controllo di uno straniero che non ha titolo per risiedere in Italia e che sarebbe soggetto ad una sanzione penale se, eludendo in qualche modo l’espulsione, si trattenesse in Italia o vi rientrasse dopo l’esecuzione dell’espulsione stessa”. Per il giudice, “sembra invece più adeguato che lo straniero che non dovrebbe più essere detenuto ma che non può essere ancora espulso, sia trattenuto presso una struttura destinata ad accogliere coloro nei confronti dei quali sono in corso accertamenti sull’identità o nazionalità o che sono privi di un documento di viaggio”.

Sara Pizzorni

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