Centro Arredamento: truffa e bancarotta, promotore alla sbarra
E’ stato celebrato davanti al collegio presieduto dal giudice Pio Massa (a latere i giudici Andrea Milesi e Francesco Sora) il processo a carico di Luigi Roversi, 62 anni, promotore della società Centro arredamento, con punto vendita a Castelvetro Piacentino e con sede legale a Cremona, fallita nel febbraio del 2006, e dell’attuale compagna. L’accusa è quella di bancarotta e truffa aggravata. A suo tempo, in sede di udienza preliminare, l’ex moglie di Roversi, Gabriella Tiboni, ex amministratrice, aveva patteggiato una pena di tre anni (con l’indulto), mentre il figlio, all’epoca dei fatti dipendente e socio, processato con il rito abbreviato, era stato assolto per non aver commesso il fatto. Trenta le presunte vittime della truffa, due delle quali si sono costituite parte civile (una attraverso l’avvocato Pedro Verzani, del foro di Modena, e l’altra attraverso l’avvocato Claudia Pezzoni, del foro di Parma). Il danno complessivo calcolato per la truffa è di 110,276,32 euro, mentre per la bancarotta Roversi avrebbe distratto o dissipato 260.806,67 euro.
Per l’accusa, dal 2004 il Centro arredamento avrebbe contattato i clienti di persona e anche attraverso annunci e promozioni sulle televisioni locali per poi pattuire la vendita di cucine e mobili da pagare a rate e senza interessi. Attraverso un contratto stipulato con una finanziaria, gli acquirenti consegnavano le rate al Centro arredamento, che poi le girava alla finanziaria stessa. Poi, improvvisamente, i compratori, per la maggior parte residenti nelle province di Cremona, Piacenza, Modena, Reggio Emilia e Bologna, avevano sporto querela, dicendo di aver ricevuto a casa i bollettini delle rate, nonostante avessero già saldato il debito con la finanziaria. Nel 2006 molti di loro si erano anche presentati davanti al punto vendita di Castelvetro Piacentino, trovandosi il capannone vuoto e le porte sbarrate.
Oggi in aula ha testimoniato Matilde Varoli, curatore fallimentare del Centro Arredamento, “società che, a livello di andamento patrimoniale, l’anno prima del fallimento aveva uno stato passivo abbastanza rilevante. Negli anni prima non c’era una situazione di passivo così rilevante. Era sempre vicina al pareggio o in perdita, ma non eclatante. I costi di gestione erano elevati, i costi di pubblicità molto elevati”. “Sono parecchi i clienti che mi hanno contattato”, ha ricordato la teste. “Ad alcuni erano state avanzate proposte di finanziamento, incentivate anche da regali di elettrodomestici e da sconti. A quel punto il cliente sottoscriveva la richiesta di finanziamento, ordinando l’arredo. Poi, però, cambiava idea, pagava la società, il finanziamento avrebbe dovuto essere estinto, e invece non era così. Il denunciante si lamentava del fatto che aveva pagato due volte, la società e la finanziaria”. La Varoli ha ricordato anche casi in cui i clienti che avevano sottoscritto il finanziamento non avevano ricevuto i mobili ordinati. “Era Roversi”, ha detto, il curatore, “che si presentava nelle case per vendere gli arredi”.
Nel procedimento, l’imputato è difeso dall’avvocato Luca Curatti. Da parte sua la difesa sostiene che nella maggior parte dei casi le rate erano state versate alla finanziaria, estinguendo il debito. Alla fine del 2005 alcuni clienti avrebbero acquistato mobili, poi però le sorti del centro arredi erano precipitate, tanto che nel febbraio del 2006 il tribunale di Cremona aveva dichiarato fallita la società. Roversi si è sempre detto innocente. “Era impossibile truffare i clienti”, ha detto, al termine dell’udienza. “Per far fare il finanziamento serve la busta paga, l’utenza telefonica, i documenti, l’Iban, il numero di conto corrente. Per sincerarsi, la finanziaria chiamava il cliente che se dopo aver stipulato il contratto con la finanziaria cambiava idea e ci pagava a rate, riceveva i bollettini per il pagamento degli interessi. Il fatto è che il cliente faceva il conto solo sul capitale, non sul reale finanziamento comprensivo degli interessi”.
L’udienza è stata aggiornata al prossimo 21 maggio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA