Cronaca

Quaderni dell'Arcimatto "Gianni Brera amava Cremona e il fiume Po"

Nella foto, Brera e i relatori Luigi Bolognini (la Repubblica), Beppe Maseri (Il Giorno), Enrico Pirondini, Claudio Rinaldi (Gazzetta di Parma), Giorgio Gandolfi (moderatore), Adalberto Scemma (Università di Verona)

“Gianni Brera amava Cremona. E amando il Po non poteva che essere così. Ogni volta che in auto attraversavamo il fiume, lui si toglieva il cappello. E’ il padre Po, mi diceva. E’ nostro padre. Poi andava sugli argomenti culturali. Ricordava la mostra dei Campi del 1985, ha omaggiato Vialli scomodando Stradivari, ha celebrato la cucina dei marubini. Diceva che il Pordenone, di cui aveva ammirato gli affreschi in duomo, era lo Shakespeare della pittura. Per questo noi stasera lo ricordiamo anche esplorando questo versante”.
Adalberto Scemma, docente di giornalismo sportivo all’Università di Verona, collega di Gianni Brera al Guerin Sportivo, ha reso omaggio ieri sera nel teatro della “Corale Verdi” di Parma “al più straordinario cantore di sport del Novecento, padano fierissimo, di riva e di golena, come amava presentarsi. E poi aggiungeva: sono padano di boschi e sabbioni. Mi sono scoperto figlio legittimo del Po”.
Il riferimento cremonese ha preso corpo nel corso della conferenza che gli autori del saggio “I Quaderni dell’Arcimatto” (ed.Fuorinonda) hanno tenuto in occasione del battesimo (parmigiano) della rivista di studi e testimonianze per Gianni Brera; un volume corposo, di oltre 200 pagine, affidato a giornalisti che hanno lavorato con Gianni Brera come Gianni Minà, Gianni Mura, Beppe Maseri, Enrico Pirondini, Mario Sconcerti.
La “Corale Verdi” si è resa disponibile ad ospitare la presentazione del libro – in platea anche l’ex arbitro di calcio Alberto Michelotti – ed ha aperto le porte del suo teatro di via Asdenti (giusto dietro la casa natale di Arturo Toscanini) per l’evento. A moderare l’incontro dibattito è stato chiamato l’ex inviato della Stampa di Torino, il giornalista Giorgio Gandolfi; ha coordinato Claudio Rinaldi, caporedattore della Gazzetta di Parma, autore di vari libri sullo scrittore pavese, uno degli autori del saggio.
Aggiunge il prof. Scemma: “Amava in particolare Bernardino Campi di cui ricordava l’affresco della cupola del Duomo di Milano realizzata in contemporanea con un gruppo di tele per il duomo di Cremona. Sì, Brera era anche un intenditore d’arte. Un giorno l’ho sentito elogiare il Pordenone perché, sosteneva, era soggiogato dal suo pathos narrativo. Diceva che il Pordenone era un manierista genuino e che i cremonesi erano  fortunati ad averlo nella loro cattedrale. Si diceva stregato pure dalla città che trovava misteriosa e maestosa nella sua piazza centrale. E’ vero, è stato la lingua dello sport ma tutti ricordiamo che nella sua produzione hanno trovato spazio la gastronomia, i racconti, i saggi,  persino un romanzo (“Il corpo della ragassa”) poi adattato per il cinema da Pasquale Festa Campanile. Lo so, molti giovani non sanno chi è. Per questo noi cerchiamo di tenere viva la sua memoria. Brera è un classico senza polvere”. (m.l.)

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