Politica

Pizzetti (Pd): «Arriva alla Camera la riforma delle province» Cacciari a Cremonaoggi: «Tagli alla politica? A furia di calci nel sedere»

Chi sperava cheTremonti annunciasse la cancellazione delle province, è rimasto profondamente deluso. Il ministro dell’Economia è intervenuto in commissione  per riferire sulle misure del governo di fronte alla crisi finanziaria sollecitate dall’Unione Europea. Parla di modifica degli articoli 41 e 81 della Costituzione, di lotta all’evasione fiscale. Anticipa che il peso della correzione dei conti sarà forte già a partire dal 2012. Ma sulla ricetta economica che il governo intende tenere e sull’entità del decreto legge che il governo si appresta ad approvare Tremonti è molto evasivo. Anche su  un tema su cui centrodestra e centrosinistra sembravano concordare come l’abolizione immediata delle province non c’è stato nulla. «C’è da augurarsi che a forza di calci nel sedere, finalmente qualcosa si muova», ha detto a www.cremonaoggi.it il professor Massimo Cacciari nell’intervista telefonica che potete ascoltare (clicca qui).

Ora, qualcosa sembra muoversi davvero. «Consiglierei al presidente Salini – dice l’onorevole del Pd, Luciano Pizzetti – di fermarsi col progetto di costruzione della nuova sede della Provincia di Cremona: il rischio sarebbe quello di fare un lavoro inutile». Già, perché secondo la proposta di legge depositata il 21 giugno alla Camera dai democratici (firmatario anche il cremonese Pizzetti), la Provincia di Cremona, insieme a quelle di Lodi, Mantova e Sondrio, verrebbero soppresse. L’iniziativa del Pd, infatti, consiste in una vera e propria modifica della Costituzione (art 133) in materia di province e di riorganizzazione degli enti territoriali, in chiave federalista. La logica seguita dai democratici è quella di attribuire alla Regioni, non più allo Stato, le funzioni riorganizzative degli enti provinciali. Così, «il mutamento delle circoscrizioni provinciali o la soppressione delle Province – si legge nel testo della proposta di legge – verranno stabiliti con legge regionale, sentiti i Comuni interessati». Nel caso di Province come Bologna, Roma e Milano, si arriverebbe all’abolizione immediata con un trasferimento delle funzioni alle rispettive Città Metropolitane. Le Province al di sotto dei 500.000 abitanti (come Cremona), verrebbero riorganizzate totalmente dalla Regione che potrebbe scegliere di assumere in proprio alcune funzioni delle province, di ridurre gli enti provinciali accorpandoli o di sopprimere le Province trasferendo le funzioni ai Comuni. Qui, la perplessità: i Comuni al di sotto dei 5.000 abitanti con le loro piccole risorse sarebbero in grado di svolgere funzioni che erano di competenza provinciale? «Questo è il punto cruciale – continua Pizzetti – ed è il motivo per cui il Pd si è astenuto a inizio luglio durante il voto alla Camera sul progetto di legge di soppressione delle province presentato dall’Idv. Non basta sopprimere le Province per ridurre i costi: ci sono competenze – come quelle che riguardano l’edilizia scolastica e le strade provinciali – che qualcuno deve pur assolvere. I piccoli comuni, non sarebbero in grado far fronte a determinate funzioni, per questo bisogna spingere verso le unioni di Comuni e sulla loro riduzione. La nostra proposta, quindi, va nel senso di una soppressione delle Province con parallela riorganizzazione degli apparati di governo e sicurezza del territorio». La proposta di legge è in attesa di essere calendarizzata alla Camera.

Qualche dato: in Italia esistono 110 province. Si va dai 3.700.424 abitanti della provincia di Roma, distribuiti su 121 comuni, ai 58.389 di Ogliastra (Sardegna) concentrati in  appena 23 comuni. Le province sono istituite per motivi politici e non pratici o amministrativi. La prova più evidente è il moltiplicarsi di province negli ultimi anni.

Le province hanno competenze generiche e di difficile determinazione, spesso in palese sovrapposizione con i comuni e le regioni. Esiste anche un corpo di polizia provinciale. Evidentemente vigili urbani, polizia, carabinieri, polizia forestale, polizia penitenziaria e guardia di finanza non erano sufficienti.  Anche se le funzioni delle province non sono chiarissime, il costo dell’istituzione è di sedici miliardi e mezzo all’anno,  284 euro a testa, neonati ed immigrati clandestini compresi. Per una famiglia di 4 persone è praticamente uno stipendio all’anno.

Che abolire le provincie non sia un’amenità è, anzi era, condiviso da quasi tutte le forze politiche. Almeno a chiacchiere. Il proposito rientrava nei programmi dell’attuale coalizione di governo, con la sola eccezione della Lega, ma nessuna azione in questo senso è stata mai intrapresa. Il sito del Pd appena un mese fa è stato subissato di mail di iscritti, simpatizzanti ed elettori per quell’astensione che ha consentito di non far passare una norma – sicuramente strumentale ma che costituiva un segnale – che impegnava il governo a tagliare le province. Comunque, chi aveva creduto veramente al fatto che i partiti potessero rinunciare a 110 poltrone da presidente e a qualche migliaio di posti tra assessori e consiglieri provinciali, senza contare l’immenso bacino di clientele coltivabile?  Che – con la proposta del Pd – sia la volta buona?

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