Cronaca

I periti che si occupano dell'Ilva incaricati di verificare l'inquinamento di Tamoil all'ambiente

Indagine “madre” della Tamoil. Nominati dal giudice Guido Salvini due chimici e un geologo che si dovranno pronunciare sull’avvelenamento della falda acquifera da idrocarburi, causato, per l’accusa, dalla raffineria cremonese. I due chimici incaricati dal gup, Roberto Monguzzi e Mauro Sanna, sono gli stessi periti che si stanno occupando anche dell’inquinamento allo stabilimento Ilva di Taranto.

Durante la scorsa udienza, per la parte relativa all’inquinamento, erano stati sentiti Daniele Arlotti, della Foster Wheeler Italiana, consulente della difesa, e Vladimiro Bonamin, esperto ambientale del pm. Per i legali di Tamoil, le origini delle cause dell’inquinamento sono in “gran parte storiche” e riconducibili all’attività petrolifera, mentre gli avvocati di parte civile sostengono che l’inquinamento si sia protratto anche durante la gestione Tamoil, iniziata nel 1986. “Anche dai consulenti”, avevano detto i legali Gian Pietro Gennari e Claudio Tampelli, “è emerso che non si può escludere, vista la presenza di antidetonanti inseriti nelle benzine, che l’inquinamento si sia prodotto oltre il 2001 e sia ancora in corso”.

In merito, l’avvocato Gennari ha depositato una corposa memoria arricchita da fotografie basata sulla ricostruzione storica del sito. Per approfondire la questione, il giudice Salvini ha nominato tre suoi periti, due chimici e un geologo, che dovranno rispondere ad alcuni quesiti formulati dallo stesso giudice. Gli esperti a cui è stato dato l’incarico sono i chimici Roberto Monguzzi e Mauro Sanna, gli stessi consulenti incaricati dal gip di Taranto di effettuare perizie sull’inquinamento allo stabilimento siderurgico Ilva, e il geologo Bruno Grego. L’inizio delle operazioni peritali è stato fissato al primo febbraio. La prossima udienza, nella quale verranno sentiti ancora Arlotti e Bonamin, è invece prevista per il 14 gennaio.

Il quesito ai periti Monguzzi, Sanna e Grego:

Gli esperti dovranno indicare “la natura delle sostanze chimiche inquinanti riscontrate, individuando la provenienza delle stesse, le modalità con le quali essere possono essere pervenute nelle acque sotterranee e le modalità del propagarsi dell’inquinamento nell’ambiente, tenuto conto del complessivo sistema delle acque sotterranee interessate e dell’ampiezza dell’inquinamento; dicano, con riferimento alle concentrazioni limite di contaminanti ammesse dalla normativa per i diversi usi dell’acqua ai fini della tutela della salute umana, le conseguenze che le sostanze chimiche inquinanti riscontrate abbiano determinato o possano determinare in relazione al loro possibile utilizzo; indichino quali misure siano state adottate per affrontare l’inquinamento e risanare l’area interessata dall’inquinamento e per impedire la diffusione nell’ambiente delle sostanze inquinanti tossiche persistenti rilevate anche in relazione a quanto previsto dalla normativa tecnica in materia”.

Sara Pizzorni

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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