Diffamazione all'ex sindaco:
"Fatto tenue", il gip archivia
L'indagata, 22 anni, ha scritto una lettera di scuse all'ex primo cittadino

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Si è chiuso con l’archiviazione per particolare tenuità del fatto e con una lettera di scuse il caso che ha visto una giovane di 22 anni indagata per diffamazione aggravata nei confronti dell’ex sindaco di Cremona Gianluca Galimberti.
Nel 2023 la ragazza, assistita dall’avvocato Michele Barrilà, aveva scritto nella chat su WhatsApp con le sue amiche di aver saputo “da una fonte qualificata” che Galimberti, sindaco dal 2014 al 2024, aveva avuto una relazione con un uomo. “Ragazze, vi aggiorno sullo scandalo cremonese”, aveva affermato nel vocale all’interno della chat. “Per me è gay”.

Chi aveva dato quella notizia oralmente alla ragazza è rimasto anonimo, mentre lei, individuata dopo una serie di approfondite indagini per risalire alla prima persona che aveva scritto quel messaggio, si è trovata indagata. Quella frase che la 22enne, citando una fonte non meglio identificata, ma a suo dire certissima, perché riferibile ad un avvocato, era infatti stata a sua volta “girata” dalle amiche ad altre persone, e la voce si era diffusa a macchia d’olio per tutta la città, anche all’interno del Comune. Il 13 aprile del 2023 il sindaco Galimberti, che aveva saputo di quelle voci dal nipote, aveva sporto denuncia contro ignoti presso il Comando della polizia locale.
Il gip ha ritenuto la sussistenza del reato che ha danneggiato la reputazione della vittima, ma ha archiviato il procedimento per particolare tenuità del fatto, anche tenendo conto della lettera di scuse scritta dalla ragazza, che non avrebbe mai pensato che quel messaggio sarebbe diventato virale. La giovane si è giustificata sostenendo di avere parlato solo a poche persone di cui si fidava, ma che poi la situazione è sfuggita di mano.
Nella sua richiesta di archiviazione, alla quale Galimberti si era opposto, il pm, diversamente, non aveva ritenuto che sussistesse la diffamazione, nonostante le condotte fossero state definite “eticamente censurabili”. Per la procura, le frasi riportate in querela e gli audio delle conversazioni “paiono originate in un contesto di mero pettegolezzo“, e si “concretizzano nel passaparola, opinioni e dicerie che risultano mera espressione di un diritto di opinione“.
Sara Pizzorni