Cronaca

Nessuna estorsione in oratorio
"Sentenza coraggiosa e giusta"

Imputato assolto "perchè il fatto non sussiste"

Quando ha sentito pronunciare sentenza di assoluzione si è commosso, e una volta fuori dall’aula ha ringraziato il suo legale, l’avvocato Massimo Tabaglio, e ha abbracciato i suoi genitori e la moglie, che gli sono stati sempre vicini.

Nessuna estorsione è avvenuta all’oratorio San Francesco del quartiere Zaist tra la fine del 2019 e il luglio del 2022. Il giudice ha assolto “perchè il fatto non sussiste”, un 29enne straniero nato a Cremona, che secondo l’accusa, che per lui aveva chiesto una pena di tre anni, quattro mesi e 400 euro di multa, aveva approfittato della fragilità di un 30enne cremonese per farsi consegnare del denaro. Somme via via crescenti, fino ad arrivare ad un ammontare complessivo di 28.350 euro.

Una sentenza coraggiosa e giusta che onora la giustizia“, ha commentato l’avvocato Tabaglio. “L’assoluzione ha confermato la veridicità dei fatti che si sono susseguiti nel periodo contestato. “Quei soldi usciti dal conto corrente era denaro finito altrove, e non certamente nelle mani del mio assistito”. Durante il lungo processo, la difesa “è riuscita a replicare e a comprovare che nei confronti dell’imputato non sussistevano i requisiti della violenza e della minaccia che caratterizzano il reato di estorsione e che nessun profitto è stato ottenuto da parte dello stesso”.

Giustizia è stata fatta, sentivo che sarebbe andata bene“, ha commentato da parte sua l’imputato. “So di non aver sbagliato e quindi automaticamente so che non dovevo essere giudicato colpevole”.

L’avvocato Tabaglio

I due ragazzi, che abitavano nello stesso quartiere, si erano conosciuti all’oratorio. Inizialmente, secondo la versione dell’accusa, il 29enne aveva chiesto piccole somme per urgenze momentanee, ma poi le richieste erano diventate sempre più costanti e consistenti, con chiamate quasi tutti i fine settimana. Il 30enne, parte civile attraverso l’avvocato Vito Alberto Spampinato, aveva testimoniato in aula sostenendo di essersi lasciato intimorire. “Gli dicevo di sì perchè mi faceva paura”, aveva detto.

L’imputato, invece, si era difeso, dicendo che l’amico gli doveva 700 euro per una vincita alla schedina. “Ogni tanto capitava”, aveva raccontato, “che, sempre con rispetto, gli chiedessi quei soldi che mi doveva, ma le telefonate  che gli facevo erano solo per organizzare i gruppi per le partite di calcetto. Non l’ho mai minacciato, nè danneggiato in alcun modo. Quei 700 euro non me li ha mai dati. Diceva che doveva fare dei lavori in casa, ma l’ho visto in giro con l’auto nuova. Sapevo anche che doveva dei soldi ad altri ragazzi nel giro delle scommesse“.

Dichiarazioni limpide“, quelle del 29enne, secondo l’avvocato Tabaglio. “Non ci sono state minacce e non ci sono state violenze fisiche o psicologiche. Quei 700 euro erano dovuti al mio cliente, ma non gli sono mai stati dati. L’amico gli aveva detto che non poteva perchè aveva altri debiti in giro“. Il legale ha ricordato anche la testimonianza dell’ex parroco dell’oratorio, che ha esaltato la figura dell’imputato, dicendo che in lui aveva fiducia e che lo aveva fatto diventare un punto di riferimento”.

“In questa vicenda”, secondo la difesa, “c’è stato del dolo. Al mio assistito, un ragazzo che lavora e che ha riportato una versione dei fatti che corrisponde al vero, è stata buttata addosso un’accusa grave per un reato che non ha commesso“. E il giudice gli ha dato ragione. Tra 90 giorni la motivazione della sentenza.

Sara Pizzorni

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